sabato 14 dicembre 2019

Liquidità e Ue: cosa sono gli eurobond e perchè non sono mai partiti


Si discute di Eurobond dal lontano 2011, quando la crisi dei debiti sovrani scoppiata sull’onda del crack Lehman Brothers stava assumendo dimensioni serie e connotati drammatici per l’economia della vecchia Europa e la tenuta dei Paesi dai conti più barcollanti, e con il prolungarsi del dibattito comunitario sul Mes sono ritornati in auge come e, forse, più di allora: ma cosa sono e perchè dividono così tanto i vari membri dell’Unione?

Gli Eurobond altro non sono che titoli di debito, obbligazioni del debito pubblico dei Paesi facenti parte dell’eurozona, da emettere attraverso un’apposita agenzia dell’Unione europea, la cui solvibilità sarebbe garantita congiuntamente da tutti gli Stati membri mediante l’intervento della Banca europea degli investimenti (Bei) o di altro istituto di credito, purchè non sia la Bce, e i cui oneri verrebbero condivisi tra tutti i soggetti (mutualizzazione).

In altri termini, gli E-bond rappresenterebbero un potenziale meccanismo solidale di distribuzione del debito su base europea la cui solvibilità sarebbe garantita dall’insieme dei membri dell’Ue anche nel caso in cui un singolo Stato non riuscisse a ripagare il suo debito.

domenica 1 dicembre 2019

Fondo salva-Stati: cos’è il Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) e come funziona


Il Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) è un organismo internazionale a carattere regionale nato come fondo monetario europeo per garantire la stabilità finanziaria dell’eurozona.

Istituito con le modifiche apportate all’art. 113 del Trattato di Lisbona deliberate dal Parlamento europeo il 23 marzo 2011 e ratificate dal Consiglio il 25 marzo 2011, è il Fondo salva-Stati cui compete sostenere i Paesi membri che versano in situazioni di crisi e potenziale default in sostituzione del Fondo europeo di stabilità finanziaria e del Meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria.

La sua entrata in vigore, prevista inizialmente per la metà del 2013, è stata anticipata dal Consiglio europeo del 9 dicembre 2011 al luglio del 2012 a causa dell’aggravarsi della crisi dei debiti sovrani e il sempre più acutizzarsi del rischio default delle economie periferiche dell’Unione.
Le disponibilità monetarie alla sua entrata in vigore ammontavana a 650 miliardi di euro, compresisi dei quasi 300 miliardi residui dai fondi temporanei istituiti per salvare dall’insolvenza Irlanda e Portogallo.

In realtà, tuttavia, l’attuazione della riforma è rimasta sospesa per quasi due mesi in attesa della pronuncia della corte costituzionale della Germania sulla compatibilità del MES con l’ordinamento tedesco.
Nodo sciolto il 12 settembre 2012 con la richiesta da parte della corte dell’introduzione di alcune limitazioni atte ad eliminare i contrasti tra il nuovo organismo e l’ordinamento costituzionale della locomotiva d’Europa.

domenica 17 novembre 2019

Forex: i costi da tener conto per operarvi

Quando si parla di operatività sul Forex  occorre distinguere tra operatività a pronti (spot) e operatività a termine. 
Con la prima si fa riferimento alle operazioni di compravendita aventi ad oggetto valute nel mercato spot, cioè a quelle transazioni che vengono regolate in valuta al secondo giorno successivo la conclusione della negoziazione, mentre l’operatività a termine si riferisce alle operazioni il cui regolamento è in genere posticipato di diverse settimane, mesi o anni, attraverso l’utilizzo di strumenti quali swap, futures ed opzioni su valute.

L’operatività sul mercato spot del Forex implica la conoscenza dei costi relativi ad essa, i principali dei quali sono spread, interessi e margini.

Lo spread è il differenziale tra le due quotazioni in cui viene espresso un dato tasso di cambio, ossia tra la quotazione bid (o denaro), alla quale è possibile vendere un dato cross valutario, e la quotazione ask (o lettera), alla quale è possibile acquistare una valuta rispetto un’altra.
Chiunque inizi ad operare sul Forex deve prestare particolare attenzione a questa variabile, poiché il suo valore costituisce il movimento minimo che il mercato deve fare per consentire al trader di trarre un profitto dalla sua strategia. Vi sono spread fissi o variabili, ed è fondamentale fare attenzione a quest’ultimo quando si sceglie un Forex broker.
Di norma,  differenziale è minimo per le coppie più frequentemente oggetto di scambio (come i cross EUR/USD, USD/JPY, GBP/USD, etc.), mentre diventa più ampio per le coppie di valute più “esotiche” e meno negoziate.

domenica 3 novembre 2019

CFD e opzioni binarie

Banche e broker online mettono a disposizione di trader e speculatori strumenti derivati sempre più appetibili, soprattutto per quanto riguarda il grado di leva finanziaria offerto.
Se per operare su indici, azioni e commodity tanti istituti di credito forniscono ai loro clienti diverse piattaforme per negoziare contratti per differenza (CFD), strumenti utilizzati inizialmente da alcuni hedge funds e investitori istituzionali per coprire la loro esposizione in azioni sul London Stock Market , altri, principalmente broker specializzati nella negoziazione su mercati altamente liquidi e speculativi, ricorrono alle opzioni binarie, strumenti derivati con forti connotati della scommessa.

I CFD, o contratti per differenza (contracts for difference), sono strumenti finanziari con cui è possibile negoziare un indice, un dato quantitativo di azioni o una commodity senza effettivamente possedere l’asset sottostante.
Il prezzo di un CFD è il prezzo del sottostante, del quale segue le identiche dinamiche.
A differenza del trading con gli asset sottostanti, nel trading con i CFD non ci sono commissioni di scambio, che di fatto non avvengono, e ad essi è associata una leva finanziaria, assente per i titoli più comuni.
Essi sono negoziati in marginazione, ricorrendo dunque alla leva finanziaria per moltiplicare al massimo il capitale impiegato per il trading, e, di conseguenze, i profitti (e le perdite), cosicché il trader deve mantenere un margine minimo: se la somma depositata presso la società che emette il CFD scende al di sotto del livello di margine minimo, l’operatore deve coprire (margin call) rapidamente la posizione, altrimenti il broker potrebbe liquidare le sue posizioni.

Le opzioni binarie sono opzioni il cui playoff è limitato ad una ammontare fisso dell’asset o nullo.
L’esito dell’investimento ha quindi due soli possibili risultati (per cui il nome dello strumento): o si guadagna il ricavo fissato all’atto della stipula del contratto o si perde la somma impiegata.
Il funzionamento dell’opzione binaria sembra ricalcare quello di una scommessa sul trend del sottostante, motivo delle tante polemiche (e della tanta attenzione) su questo contratto così diffuso online e alla base di moltissime piattaforme per trading su valute e indici.


domenica 20 ottobre 2019

Le strategie più comuni con le opzioni


I contratti di opzione si prestano all’analisi di qualsiasi tipo di operatore.
La semplicità della struttura e la similitudine con il contratto di assicurazione di alcune caratteristiche essenziali di questo strumento lo rendono adatto alle esigenze tanto del risparmiatore più avverso al rischio quanto a quelle dell’investitore più sofisticato.
Le opzioni abbiamo infatti visto che consentono di assumere posizioni al rialzo, o al ribasso, sul mercato limitando il rischio assunto ma non i potenziali profitti derivanti dal successo dell’operatività impostata. 

Per la loro natura, questi strumenti sono ampiamente utilizzati per coprire il rischio legato, soprattutto, alla volatilità dei prezzi di attività reali e finanziarie, ma possono essere utilizzate anche unicamente per trarre vantaggio dalle oscillazioni di prezzo impiegando un capitale limitato: come i futures, si prestano infatti indistintamente sia ad operazioni di hedging, sia speculative, con protagonisti operatori che spaziano tra grandi aziende e PMI, gestori di portafoglio e grossi speculatori, piccoli risparmiatori privati e trader professionali.

Immaginando un investitore con un portafoglio diversificato di titoli azionari che voglia coprirsi dal rischio di ribasso di questi acquistando opzioni put sul relativo indice azionario: attraverso questa portfolio insurance strategy egli potrà beneficiare di un rialzo del prezzo di mercato delle azioni in portafoglio e perdere al massimo il premio pagato per l’acquisto dell’opzione put nel caso il mercato scenda.
Ricorrendo al mercato futures per coprirsi, da un lato non avrebbe dovuto pagare un premio, dall’altro, sulla base di quanto osservato in precedenza, avrebbe dovuto invece mirare alla “sterilizzazione” sia dei guadagni che delle perdite.

sabato 5 ottobre 2019

Ricorso strategico ai future

Chi effettua una compravendita in future agisce prevalentemente per due diverse finalità.

La prima è quella di copertura dei rischi, su tutti quello derivante dalla volatilità dei prezzi (commodity, tassi d’interesse, tasso di cambio): in quanto caratterizzati, come il resto dei derivati trattati, da una forte componente assicurativa, questi contratti consentono infatti di gestire in modo efficiente i rischi legati all’andamento di un portafoglio e, in generale, il rischio di mercato.

La seconda è quella di speculazione: si ricorre ai futures per avvantaggiarsi delle eventuali differenze tra le proprie aspettative circa i movimenti futuri dei prezzi del sottostante e le attese correnti del mercato.

I contratti future permettono di coprire il rischio mediante l’apertura di posizioni a termine di segno opposte a quelle aperte sul mercato a pronti.

Nella pratica sono tuttavia rare le coperture perfette (perfect hedge), cioè strategie di hedging che annullano del tutto il rischio, e ciò per la presenza di tre problemi pratici che generano il cosiddetto rischio base:

- la durata della copertura non coincide con la scadenza naturale del future;
- l’attività reale o finanziaria che deve essere coperta non coincide con l’attività sottostante (non esistono, ad esempio, futures per tutte le merci o le attività finanziarie);
- non si conosce perfettamente la data di acquisto o di vendita dell’attività reale o finanziaria (si opera su mercati con forti asimmetrie informative).

domenica 22 settembre 2019

Finalità dell’operatività in derivati: arbitraggio

Con il termine arbitraggio si intende un’operazione finalizzata ad ottenere un profitto certo senza che l’operatore corra alcun rischio.

Questo tipo di operatività si esplica di solito nell’acquisto o vendita di un’attività finanziaria e in una contemporanea operazione di segno contrario sullo stesso strumento su un mercato differente dal precedente, o su uno strumento diverso ma perfettamente sostituibile all’altro e avente identico sottostante.
In tal modo, se il guadagno ottenuto supera i costi per il trasferimento dell’attività da un mercato all’altro, si sfruttano le differenze di prezzo per ottenere un profitto.

Le differenze di prezzo che generano il profitto sono determinate da asimmetrie informative o da diverse normative: l’aumento della rapidità di comunicazione tra diversi mercati ha notevolmente limitato le asimmetrie informative tra essi e, dunque, le possibilità di arbitraggio, molto frequente in passato proprio sugli strumenti derivati.


A differenza della speculazione, che consiste di fatto nell’opportunità di sfruttare le differenze di prezzo di uno stesso bene in tempi differiti, l’arbitraggio è quindi un modo per avvantaggiarsi delle differenze di prezzo presenti in luoghi diversi.
La prima gioca sul fattore tempo, il secondo sul fattore spazio.

sabato 14 settembre 2019

Finalità dell’operatività in derivati: speculazione

Per speculazione finanziaria si intende l’attività di un operatore finanziario che investe sul mercato supponendo degli sviluppi ad alto rischio il cui esito, positivo o negativo, dipenderà dal verificarsi o meno degli eventi sui quali ha formulato le sue aspettative iniziali. 
Se lo scenario aleatorio si manifesterà in linea con le aspettative, l'operazione speculativa avrà un esito positivo, generando un profitto per l’operatore, che nel caso contrario registrerà una perdita.

A differenza di molte altre attività di investimento, comunque basate sul valore atteso di un titolo, nell’attività speculativa le aspettative non si reggono su significative e robuste stime statistiche, ma su previsioni puramente soggettive, indipendentemente dalle analisi adoperate. 


La previsione di eventi senza solide basi statistiche espone l'operatore a grossi rischi, che possono essere compensati da altrettanti grossi guadagni, ma che possono anche degenerare in un rapido fallimento della strategia speculativa e dello stesso soggetto che l’ha adottata.

domenica 1 settembre 2019

Finalità dell’operatività in derivati: hedging o copertura del rischio

I contratti derivati, abbiamo scritto, nascono con la duplice finalità di riduzione del rischio d’impresa e di stabilizzazione dei prezzi.
Come tutti gli strumenti di copertura hanno però una forte connotazione speculativa.
L’alea che spinge ad assicurarsi fa sorgere d’altronde diverse opportunità di lucrare sul differimento temporale di una prestazione e sull’incognita prezzo di un bene o di un’attività finanziaria e lo stesso contratto di assicurazione vero e proprio ha in sé tutti i connotati di una scommessa.


Sul mercato dei derivati, inoltre, è proprio la presenza di tanti speculatori a garantire la liquidità necessaria per chiudere quotidianamente le posizioni negoziate e agli hedgers di trovare più facilmente una controparte per negoziare posizioni di segno opposte e avviare le proprie strategie di copertura del rischio.


L’hedging consiste nel mettere in piedi una o più operazioni di copertura dai rischi correlati ad una posizione aperta su un altro investimento. 

Si tratta di una strategia ampiamente utilizzata nel mondo della finanza, sia dagli operatori che gestiscono un portafoglio di titoli, sia da imprese e investitori privati, ed ha il fine unico di diminuire le potenziali perdite.

lunedì 5 agosto 2019

Derivati finanziari: i covered warrant

Il covered warrant è uno strumento finanziario derivato consistente in un contratto di opzione che conferisce la facoltà di sottoscrivere l’acquisto (call covered warrant) o la vendita (put covered warrant) di un’attività finanziaria sottostante ad un prezzo e ad una scadenza stabilita. 

A differenza del semplice warrant questo tipo di contratto può avere come attività sottostanti, oltre alle azioni, anche obbligazioni, indici azionari o obbligazionari, valute, tassi d’interesse o panieri di titoli.

I covered warrant seguono l’andamento dell’attività sottostante amplificandone le variazioni: sono tra gli strumenti più noti tra chi opera in leva finanziaria sui mercati regolamentati.

domenica 4 agosto 2019

Derivati finanziari: i warrant

Il warrant è uno strumento finanziario derivato equivalente ad un’opzione con cui l’emittente riconosce al possessore la facoltà di acquistare (call warrant) o vendere (put warrant) entro un periodo di tempo e ad un prezzo prefissati  azioni, obbligazioni, indici o valute.

Sono di solito utilizzati per rendere più appetibili emissioni di prestiti obbligazionari e aumenti di capitale delle stesse società emittenti o altre ad esse collegate: i sottoscrittori, infatti, pagano una somma superiore proprio per acquistare anche i warrant, che possono essere esercitati per ottenere azioni o obbligazioni dell’emittente o negoziati separatamente in Borsa qualora il regolamento di emissione lo consenta.

sabato 27 luglio 2019

Ulteriori contratti swap più noti

La grande flessibilità degli swap consente la produzione di numerosissimi contratti di questo tipo.

 Tra i più noti, oltre quelli già citati, ricordiamo:

- gli equity swap, in cui si scambiano i dividendi e guadagni in conto capitale su un indice azionario contro un tasso fisso o variabile;

- gli zero-coupon swap, in cui si scambia un pagamento in un'unica soluzione con un flusso di pagamenti periodici;

- i domestic currency swap, in cui si scambiano due contratti forward su due nozionali di riferimento espressi in valute differenti,definito un tasso di cambio iniziale. Alla scadenza le due controparti si impegnano a scambiare esclusivamente le differenze che si saranno registrate tra il tasso di cambio osservato a tale data e quello definito all'inizio del contratto;

- i basis swap, in cui si scambiano due flussi di pagamento entrambi a tasso variabile;

- i differential swap, in cui un flusso di pagamento a tasso variabile definito in valuta nazionale viene scambiato con un flusso di pagamento a tasso variabile denominato in valuta estera ed entrambi i flussi sono calcolati sullo stesso nozionale in valuta nazionale.

sabato 20 luglio 2019

Gli asset swap

Gli asset swap sono contratti in cui due parti si scambiano pagamenti periodici liquidati in relazione ad un titolo obbligazionario (asset) detenuto da una di esse.
I flussi di cassa sono determinati attraverso l’individuazione di un'obbligazione che, di solito, è a tasso variabile. Chi detiene l'obbligazione può scambiare il tasso variabile correlato ad essa con un tasso fisso.

L'obbligazione sottostante può anche essere a tasso fisso e, in tal caso, il contratto permette di scambiare il tasso fisso con un tasso variabile e viene denominato reverse asset swap. Nella prassi tuttavia questa distinzione terminologica non sempre è adottata, utilizzandosi indifferentemente la dizione asset swap.

Chi detiene l'obbligazione è detto asset swap buyer e corrisponde l'interesse connesso all'obbligazione. Di riflesso, l'asset swap seller riceve l'interesse dell'obbligazione e paga un tasso di natura diversa.
In caso di default del titolo obbligazionario, l'asset swap buyer cesserà di pagare, mentre l'asset swap seller continuerà a corrispondere l'interesse pattuito.

La funzione di questi contratti è quindi quella di scambiare un tasso fisso con un tasso variabile, come per gli IRS, ma in più c’è una copertura contro il rischio di default di una determinata obbligazione.
Anche gli asset swap sono in genere costruiti in modo che il valore del contratto alla data di inizio dello stesso sia nullo.

domenica 14 luglio 2019

I total return swap

I total return swap (TRS) sono contratti in cui una parte (protection buyer) cede alla controparte (protection seller) l'intero profilo di rischio/rendimento di un sottostante (reference asset), a fronte di un flusso di pagamenti periodici.
Questi pagamenti periodici sono in genere un tasso variabile maggiorato di uno spread (TRS spread).

La funzione di tali strumenti è la stessa dei credit default swap, dunque coprire il rischio connesso ad un titolo, ma sono diverse le modalità per conseguirla.


Con il TRS il detentore del titolo non corrisponde un pagamento periodico in cambio della protezione, come per il credit default swap,ma l'intero rendimento del proprio titolo (cedole e aumenti in conto capitale) in cambio di pagamenti periodici, definiti al momento della stipula del contratto, e della compensazione di eventuali perdite in conto capitale sul sottostante, inclusa la perdita estrema in caso di default.
Il possessore del titolo, il protection buyer, è di conseguenza chiamato anche total return seller,mentre il protection seller è denominato anche total return buyer.

sabato 6 luglio 2019

I credit default swap

I credit default swap (CDS) sono contratti in cui un soggetto (protection buyer), a fronte di pagamenti periodici effettuati a favore della controparte (protection seller), si tutela dal rischio di credito associato ad un determinato sottostante, reference asset, che può essere rappresentato da una specifica emissione, da un emittente o da un intero portafoglio di strumenti finanziari.

I rischi coperti dal CDS sono connessi ad alcuni eventi (credit event) indicati nel contratto al cui verificarsi si realizzano dei flussi di pagamento fra le parti.
Questi flussi possono avvenire sulla base di due modalità operative:

- il protection seller corrisponde alla controparte il valore nominale (contrattualmente definito) dello strumento finanziario oggetto del CDS, al netto del valore residuo di mercato dello stesso (recovery value o valore di recupero), e il protection buyer cessa il versamento dei pagamenti periodici (cash settlement);
- il protection seller corrisponde alla controparte il valore nominale dello strumento finanziario oggetto del CDS e il protection buyer, oltre a cessare il versamento dei pagamenti periodici, consegna il reference asset (physical delivery).

Il protection buyer, nella prassi, ha la facoltà di scegliere il reference asset da consegnare tra un paniere di attività individuate nell’ambito del contratto, potendo dunque optare per quello per lui più conveniente (cheapest-to-delivery).

domenica 30 giugno 2019

I currency swap

I currency swap sono contratti in cui due parti si scambiano il capitale e gli interessi espressi in una valuta contro capitale e interessi espressi in un’altra.
Entrambi i flussi di pagamenti, normalmente, sono a tasso variabile e i capitali nozionali sono scambiati una prima volta all’inizio del contratto e poi alla sua data di scadenza.


I due capitali nozionali, denominati in valute diverse, sono di solito selezionati in modo da essere pressoché uguali se valutati al tasso di cambio corrente di mercato alla data di stipula del contratto.
L’uguaglianza non è certo che permanga durante la vita del contratto, poiché il variare del rapporto di cambio fra le valute determina una variazione del valore dei capitali nozionali.

sabato 29 giugno 2019

Gli Interest Rate Swap

Gli interest rate swap (IRS) sono contratti in cui due controparti si scambiano flussi periodici di interessi, calcolati su una somma di denaro che non viene scambiata ma utilizzata unicamente come base di calcolo, il capitale nozionale di riferimento (notional principal amount), per un lasso di tempo predefinito pari alla durata del contratto, e cioè fino alla scadenza (maturity date o termination date) dello stesso.
I pagamenti effettuati sono simili ai pagamenti di interessi su un debito (motivo del nome del tipo di contratto).

domenica 23 giugno 2019

Derivati finanziari: gli swap


Lo swap è un contratto con il quale le parti si impegnano a scambiarsi un flusso finanziario, periodico o una tantum, e a effettuare la stessa operazione a ruoli invertiti ad una data futura e secondo uno schema predefiniti.
Scopo di questo strumento è quello di annullare il rischio relativo alle fluttuazioni dei tassi di interesse o di cambio.
Gli swap sono infatti costruiti principalmente sui tassi d’interesse (interest rate swap) e, in misura più contenuta, sulle valute (currency swap). 

Nella prassi, attraverso lo scambio, i primi sono utilizzati per trasformare attività e passività finanziarie da tasso fisso a tasso variabile e viceversa, i secondi per trasformare attivi e passivi da una valuta ad un’altra (alcune tipologie di currency swap permettono entrambe le finalità).

Al momento della stipula, i contratti swap sono di solito costituiti in modo tale chele prestazioni previste siano equivalenti.
Così il valore iniziale del contratto è reso nullo, in modo da non generare alcun flusso di cassa iniziale per compensare la parte gravata dalla prestazione di valore più elevato.
Il fatto che al momento della stipula le due prestazioni siano equivalenti non implica che lo rimangano per tutta la vita del contratto, anzi, a generare il profilo di rischio/rendimento è proprio la variazione del valore delle prestazioni. La parte tenuta alla prestazione il cui valore si sarà deprezzato rispetto al valore iniziale, dunque rispetto alla controprestazione, maturerà un guadagno e viceversa.

domenica 16 giugno 2019

Quanto vale un’opzione

Il valore di un’opzione è funzione di cinque variabili principali:

- Prezzo di esercizio;

- Prezzo di mercato dell’attività sottostante;

- Tempo residuo alla scadenza;

- Volatilità del prezzo del sottostante;

- Tasso d’interesse a breve termine e a basso rischio (il riferimento è solitamente ai titoli di Stato a breve periodo, come i BOT in Italia).

I primi due hanno un effetto totalmente diverso sul valore di un’opzione a seconda che si tratti di call o put.
Nel caso di un’opzione call, a parità di altre condizioni essa ha un valore tanto più elevato quanto minore è il prezzo d’esercizio. Un’opzione put, viceversa, ha un valore tanto più alto quanto maggiore è il prezzo d’esercizio.
Per quanto riguarda il prezzo di mercato del sottostante, la relazione è opposta.
Un’opzione call incrementa il proprio valore al crescere del prezzo di mercato del sottostante, mentre per una put avviene l’esatto contrario.


sabato 8 giugno 2019

Derivati finanziari: le opzioni

Si narra che Talete, consultando gli astri, avesse previsto il buon successo del raccolto delle olive, assicurandosi dagli agricoltori il diritto di utilizzare la loro produzione (e i loro frantoi) nella stagione successiva attraverso il pagamento di un premio.
Rilevandosi esatte le sue previsioni, il celebre astrologo riuscì a rivendere il raccolto agli agricoltori ad un prezzo ben superiore a quello previsto dal diritto acquistato, traendo così profitto dalle sue intuizioni.

Piace ricordare questo aneddoto (attribuito ad Aristotele) quando si parla di derivati perché lo scienziato greco, di origini povere (ma come molti suoi contemporanei bravo a sfruttare i propri colpi di genio anche in campo economico), di fatto aveva negoziato diritti d’opzione. Strumenti quotati ufficialmente per la prima volta su scala mondiale soltanto agli inizi degli anni ’70 dello scorso secolo ma della cui compravendita si ha traccia in tutte le antiche civiltà, ad oriente come ad occidente.

sabato 25 maggio 2019

Derivati finanziari: il forward

Il forward è un contratto a termine con il quale le controparti si accordano per scambiarsi una certa quantità di attività ad una scadenza futura e ad un prezzo di consegna (forward price) prefissati.
Il contratto può perfezionarsi con la compravendita effettiva del sottostante o con il pagamento della differenza tra il forward price e il prezzo corrente (o spot) alla scadenza.

I forward sono negoziati in mercati over the counter: le parti possono, in astratto, negoziare scadenza, importo e modalità di regolamento.
Ma come accade su molti mercati OTC, il grado di informatizzazione raggiunto, la frequenza e la dimensione degli scambi e i volumi di denaro tradato rendono ormai anche gli strumenti negoziati over the counter pressoché standardizzati.

lunedì 13 maggio 2019

Lo stock index future

Lo stock index future è un contratto con il quale il possessore si obbliga a comprare o vendere ad una data scadenza un indice di borsa ad un prezzo prefissato.

Il mercato di questi financial futures funziona come i precedenti (e quello dei futures in generale), ma, non essendo sempre possibile costruire un portafoglio di titoli rappresentativo di un indice, alla scadenza di uno stock index future non si procede alla consegna del paniere sottostante bensì alla liquidazione delle posizioni per contanti.

domenica 12 maggio 2019

Il currency future

Il currency future è un contratto con il quale i contraenti si impegnano a consegnare, o ricevere, a termine un certo quantitativo di valuta ad un tasso di cambio prefissato.

L’importanza di copertura sulle transazioni in valuta estera rende questo mercato particolarmente importante per gestori di portafoglio, aziende e, visto l’elevato numero di partecipanti e la possibilità di forti guadagni sulle oscillazioni dei cambi grazie alla leva finanziaria, speculatori.



sabato 11 maggio 2019

L'interest rate future

L’interest rate future è un financial future il cui sottostante è rappresentato da un tasso d’interesse.
Con esso i contraenti si impegnano a consegnare, o ricevere, uno strumento finanziario rappresentato da time deposit, titoli di Stato o altre attività finanziarie.

Le due classi principali di questo strumento sono: gli interest rate futures di breve periodo, il cui sottostante ha una scadenza inferiore all’anno (spesso tassi interbancari a tre mesi) e gli interest rate futures di lungo termine, il cui sottostante (bond governativi, ad esempio), viceversa, ha scadenza superiore all’anno.

domenica 5 maggio 2019

Come si determina il prezzo di un future

La determinazione del prezzo di un future si basa sul principio di non arbitraggio.
Per esso, in una situazione di equilibrio, il profitto determinato da un’operazione finanziaria a rischio zero deve essere nullo.
Nel caso di un contratto future, dunque, il suo prezzo è determinato correttamente quando non è possibile ricavare un profitto né da operazioni sul mercato a pronti né su quello a termine.

Ipotizzando un sottostante che non produce reddito a scadenza (un’azione senza dividendi o un titolo zero coupon, ad esempio), l’acquisto a pronti di questo prendendo a prestito la somme e di operare in un mercato efficiente, dunque privo di margini per operazioni di arbitraggio, il prezzo d’equilibrio del future, il prezzo cioè a cui vendere il contratto per coprire esattamente i costi, è dato dalla formula:

PFtT = PSt(1+rtT)
dove:

PFtT è la quotazione del future con scadenza T al tempo t;

PSt è il prezzo del titolo al tempo t;

rtT è il tasso di rifinanziamento del periodo.

Nella parte destra dell’equazione i costi dell’operazione, a sinistra i ricavi.


domenica 28 aprile 2019

Derivati finanziari: i future

Costanti riferimenti nella trattazione del mercato dei derivati sono futures ed options.
D’altronde, se derivato si usa ormai per indicare delle formule contrattuali spesso incomprensibili e confezionate addirittura per lasciare intendere un tipo (o grado) di rischio del tutto diverso rispetto a quello che il risparmiatore è propenso a sopportare, gli strumenti principali di questo mercato, per importanza storica e, soprattutto, per la massa di liquidità movimentata, sono proprio queste due categorie base.

I futures sono dei contratti a termine con cui le parti si impegnano per la compravendita di un’attività reale o finanziaria ad una determinata data futura e ad un prezzo e quantitativo prefissati all’atto della sottoscrizione dell’accordo.
I commodity futures hanno come sottostante beni reali, in particolare materie prime e merci di particolare valore economico e indispensabili per il benessere quotidiano (petrolio e prodotti derivati, metalli preziosi, cereali, carni, cacao, fibre, legname da costruzione, metalli industriali, prodotti coloniali e tropicali, etc.).
I financial futures hanno invece come oggetto la compravendita di titoli a tasso fisso (interest rate future), indici di Borsa (stock index future), azioni (single stock future), valute (currency future) e, in generale, un’attività finanziaria o un indice.

A differenza dei contratti a termine “puri”, dei quali assumono le caratteristiche di base, i futures sono  strumenti finanziari standardizzati: attività sottostante, scadenza ed importo, i suoi elementi essenziali, sono predefiniti e non possono essere oggetto di negoziazioni tra le controparti (che possono negoziare solo sul prezzo del future).

I futures prevedono inoltre un meccanismo di regolamento ‘marking to market’, sulla base del quale ogni variazione giornaliera del prezzo viene regolata versando appositi margini sui conti degli operatori di mercato presso la clearing house, in Italia la Cassa di Compensazione e Garanzia.

sabato 20 aprile 2019

Derivati finanziari: i contratti a termine

Un contratto a termine è un accordo tra due controparti per la consegna di una data quantità di un certo sottostante ad un prezzo (prezzo di consegna) e ad una data (data di scadenza o maturity date) prefissati.
Il sottostante può essere rappresentato da attività finanziarie (azioni, obbligazioni, valute, strumenti finanziari derivati, etc.) o reali (petrolio, oro, grano, etc.).

L'acquirente del contratto a termine (la parte che si impegna alla scadenza a corrispondere il prezzo di consegna per ricevere il sottostante) apre una posizione lunga (long position), mentre il venditore (colui che si impegna alla scadenza a consegnare il sottostante per ricevere il prezzo di consegna) apre una posizione corta (short position).

I contratti a termine sono in genere strutturati in modo che, al momento della loro conclusione, le due prestazioni siano equivalenti.
Ciò è possibile fissando il prezzo di consegna, cioè quello stabilito nel contratto, pari al prezzo a termine.
Successivamente, durante la vita del contratto, esso si modificherà in relazione ai movimenti del prezzo corrente che il sottostante assume.

sabato 13 aprile 2019

Derivati finanziari: un po' di storia (parte 2)

Il sistema dei derivati non tardò a diffondersi e, vista la complessità dei suoi connotati essenziali, a prestarsi a diversi eclatanti casi di frodi e abusi: se i fantasiosi meccanismi dei contratti negoziati ad Amsterdam furono oggetto delle velenose ed ironiche denunce del poeta e scrittore (oltre che filosofo, economista e commerciante) Josè Penso de la Vega (1650 - 1692) nel libro ‘Confusion de Confusiones’, scritto durante il suo esilio in Spagna dopo la fuga dalla capitale olandese per le persecuzioni religiose subite dal suo popolo (de la Vega era ebreo portoghese), a Londra nel 1773, a seguito di uno dei tanti scandali finanziari che hanno segnato la storia della capitale britannica, essi furono addirittura vietati (Barnard’s Act). Un divieto che si protrasse fino al 1860 e che anticipava molti contenuti del divieto di contrarre operazioni su derivati previsto per gli Enti locali italiani dall’art. 62 del d.lgs 25 giugno 2008, n. 112.

Ma i derivati erano ormai destinati ad un ruolo sempre più importante nel sistema economico occidentale e, mentre a Londra si era in piena austerity, nel 1821 veniva costituito il Liverpool Cotton Exchange, per i futures sul cotone, mentre nel 1848 veniva costituita la Chicago Board of Trade, uno dei più importanti mercati di contratti derivati (futures) sulle merci agricole (e sul grano in particolare), inizialmente con finalità di hedging e poi (anche) speculativa.
Questi contratti furono standardizzati nel 1865 e nel 1925 veniva creata la prima stanza di compensazione delle operazioni su tali strumenti.
Nascevano così i moderni contratti derivati negoziati su mercati regolamentati.

domenica 7 aprile 2019

Derivati finanziari: un po' di storia (parte 1)

I derivati hanno origini molto remote. 
Formule semplici e spesso rudimentali di questi strumenti erano in uso già in epoca medievale e rinascimentale, anche, e spesso soprattutto, nelle città italiane allora esponenti di punta del commercio, e dell’economia, del vecchio continente europeo, sebbene gli studiosi arrivino ad identificare l’origine di questi contratti in ere davvero remote.

La dottrina statunitense identifica infatti il primo contratto su derivati addirittura nella Bibbia (Genesi, 29), e dunque 1700 anni prima di Cristo.
Secondo questa (forzatissima) ricostruzione Giacobbe avrebbe acquistato l’opzione di sposare l’affascinante Rachele dal padre Labano in cambio di sette anni di lavoro.
Al termine dei sette anni Labano gli diede in moglie la primogenita Lia, dallo sguardo “smorto”, anziché Rachele. Ma Giacobbe era fortemente intenzionato a sposare (anche) Rachele, della quale era perdutamente innamorato, e Labano gli concesse una seconda opzione, cioè il diritto di sposarla in cambio di altri sette anni di lavoro gratuito. 

domenica 31 marzo 2019

Derivati finanziari: le categorie principali

Con il termini derivati abbiamo visto intendesi gli strumenti finanziari il cui valore “deriva” da quello delle attività sottostanti.  Queste possono essere merci, titoli, tassi, valute, indici finanziari o altri tipi di indici, crediti e anche altri contratti derivati.
Nati per permettere a imprese e istituzioni di tutelarsi dai rischi correlati alla loro attività economica, e soprattutto dal rischio di cambio e dalle oscillazioni dei prezzi delle materie prime e dei tassi d’interesse, il loro utilizzo si è gradualmente esteso ad altre aree di rischio, come quello di credito, con il conseguente proliferare di tante formule contrattuali spesso molto differenti dagli strumenti più noti.

sabato 23 marzo 2019

I derivati finanziari

Gli strumenti finanziari derivati sono contratti il cui valore deriva dal prezzo di altre attività sottostanti, che possono avere natura reale (commodity derivatives) o finanziaria (financial derivatives).
Sono, di norma, negoziati in mercati a pronti: tutte le operazioni si concludono con l’effettiva consegna del bene della transazione, se previsto, e con pagamento in denaro a brevissimo termine (Cash Market).

I derivati possono essere simmetrici o asimmetrici.
Nel primo caso acquirente e venditore si impegnano ad effettuare una prestazione alla data di scadenza, nel secondo, invece, l’obbligo vige soltanto in capo al venditore in quanto il compratore, versando un premio, si riserva il diritto di decidere in data futura se effettuare o meno la compravendita del bene sottostante.

Un’altra distinzione si basa sulla natura del mercato dove essi sono scambiati, vale a dire tra i derivati negoziati sui mercati regolamentati (come i futures e molti contratti di opzione) e i derivati scambiati in mercati OTC (Over the counter).

domenica 3 marzo 2019

Cosa guardano gli operatori: le politiche monetarie

Le politiche monetarie hanno un ruolo fondamentale nella determinazione del valore di una valuta rispetto ad un’altra.
Alla politica monetaria spetta di solito la stabilità dei prezzi, condizione essenziale per ogni altra finalità di politica economica (sviluppo, occupazione e crescita), e per riuscirci le Banche Centrali, cui spetta la politica monetaria (più o meno di concerto con il ministero del Tesoro), possono intervenire su due strumenti cardini dell’economia: i tassi d’interesse e il quantitativo di moneta in circolazione.

Secondo la combinazione degli strumenti in dotazione alle Banche centrali, le politiche monetarie possono distinguersi in espansive e restrittive.

Sono politiche monetarie espansive quelle che attraverso una riduzione dei tassi di interesse e/o un aumento dell’offerta di moneta vogliono stimolare investimenti e produzione.
Rientrano ad esempio tra queste le operazione di quantitative easing (QE) a cui hanno fatto ricorso in questi anni di crisi, e con diverse modalità, la Federal Reserve, la Bank of Japan e la Banca Centrale Europea.

Sono invece restrittive quelle politiche monetarie orientate al contenimento del tasso d’inflazione o del disavanzo pubblico mediante la riduzione della moneta circolante e l’aumento dei tassi di interesse.

Le Banche centrali operano soprattutto attraverso operazioni di mercato aperto, acquistando o vendendo titoli (obbligazioni statali, di norma), in modo da impattare sui tassi d’interesse e sulla base monetaria a brevissimo termine e cercare di orientare il mercato monetario, creditizio e finanziario verso gli obiettivi prefissati anche nel più lungo periodo, ma per far fronte a situazioni di elevato rischio possono ricorrere anche a strumenti “non convenzionali” (come le LTRO, le operazioni di rifinanziamento a lungo termine negoziate dalla BCE con le banche commerciali in due aste aperte a dicembre 2011 e febbraio 2012).

domenica 24 febbraio 2019

Cosa guardano gli operatori: gli indici di fiducia europei

Il mercato dei cambi è condizionato principalmente dai dati provenienti dagli Stati Uniti d’America.
Il dollaro Usa, in effetti, rappresenta anche la prima moneta al centro di una vera e propria area valutaria su scala mondiale, conseguenza delle alleanze commerciali e delle politiche monetarie che il Paese a stelle e strisce ha portato avanti con i Paesi confinanti e, soprattutto, con le nazioni trainate fuori dalle macerie della seconda Guerra mondiale e i maggiori produttori di materie prime.
Il biglietto verde è infatti ancora oggi la divisa ufficiale per le quotazioni su scala globale delle principali materie prime ed energetiche, nonché lo strumento di pagamento (di riferimento) delle stesse.


Per quanto riguarda l’Eurozona, sono soprattutto alcuni indicatori del clima di fiducia (“indici qualitativi”) pubblicati periodicamente dall’Eurostat ad attirare l’attenzione degli operatori sul Forex.
Tra di essi ricordiamo l’indice di fiducia relativo ai consumatori (Consumer Confidence Indicator), l’indice di fiducia relativo alle imprese (Industrial Confidence Indicator) e l’indice sintetico sulla fiducia economica (Economic Sentiment Indicator). 


Ma grosso rilievo, pesando l’economia della Germania per circa 2/3 su quella dell’intero continente europeo, è attribuito anche agli indici di fiducia delle imprese tedesche ed in particolare allo ZEW e all’IFO.

sabato 16 febbraio 2019

Cosa guardano gli operatori: i market mover USA (parte 2)

Altre importanti variabili osservate per operare sul dollaro e, in generale, sul mercato dei cambi sono:
PMI manifatturiero (o ISM manifatturiero). Il PMI (Purchasing Managers’ Index) manifatturiero indica l’andamento del settore manifatturiero, sia in termini correnti, sia come stima per i mesi a seguire. È rilasciato mensilmente, il primo giorno lavorativo sui dati del mese precedente, dall’Institute for Supply Management (ISM).
Esso è composto dalla media ponderata di cinque sottoindici, nuovi ordini (30%), produzione (25%), occupazione (20%), consegne dei fornitori (15%) e scorte (10%), sulla base di un’indagine riguardo a diversi aspetti dell’andamento aziendale sottoposta a circa 400 direttori agli acquisti. Il valore degli indici al di sopra della soglia di 50 indica ripresa, al di sotto, viceversa, peggioramento della congiuntura economica.

PMI non manifatturiero (o ISM non manifatturiero). Identificato anche come Non Manifacturing Index (NMI), indica l’andamento corrente dei comparti non manifatturieri e la loro potenziale evoluzione per i mesi successivi. È pubblicato su base mensile nei primi giorni lavorativi successivi alla chiusura del mese di riferimento e con il PMI manifatturiero riesce a comprendere il 90% circa delle aziende che sono in grado di determinare il Pil statunitense.
Questo indice dei servizi, introdotto soltanto nel 1997 e dunque meno autorevole del PMI manifatturiero, si basa su un’indagine svolta tra circa 370 direttori d'acquisto scelti tra 62 settori non industriali (servizi bancari e assicurazioni, settore agricolo, vendita al dettaglio, comunicazioni etc) ed evidenzia un’espansione dell’economia se al di sopra di 50 punti ed una contrazione quando è sotto tale soglia.

Fiducia dei consumatori (UoM). È il Consumer Sentiment Index, l’indice che misura la fiducia dei consumatori, calcolato ogni mese, da oltre mezzo secolo, dall’Università di Michigan su un campione della popolazione di 500 persone, il 60% delle quali viene rinnovato ad ogni nuova indagine.
Il grado di fiducia dei consumatori è rilevato sia sulla situazione corrente, sia sul futuro, fornendo fin da subito una fotografia delle tendenze di consumo a lungo termine.
Il dato preliminare (il 60% dei risultati totali) viene rilasciata il secondo venerdì di ogni mese, mentre la relazione finale è pubblicata l’ultimo venerdì di ogni mese per quello precedente.
L’autorevolezza di tale indice è la logica conseguenza del sistema economico Usa, dove 2/3 del Pil sono costituiti proprio dai consumi domestici.
La sua forza è quella di sintetizzare componenti razionali e irrazionali (gran parte delle persone intervistate non ha forti basi di economia, né grosse conoscenze in fatto di inflazione e tassi di interesse) e fornire indicazioni fondamentali circa l'andamento del ciclo economico.


sabato 9 febbraio 2019

Cosa guardano gli operatori: i market mover Usa (parte 1)

La forte interdipendenza tra una valuta e l’economia del Paese (o dell’area) di cui è essa è espressione concentra l’attenzione degli investitori sulle variabili macroeconomiche reputate più idonee a fotografarla.
Per il mercato, e per il Forex in particolare, non esiste tuttavia un valore assoluto di un dato e ci sono dati economici sicuramente più importanti di altri ma il cui rilievo in un dato momento dipende anche, e soprattutto, dalla congiuntura del periodo.

La reazione del mercato Forex alla pubblicazione dei dati sull’economia di un Paese, inoltre, non è lineare e scontata come si possa erroneamente credere: un risultato superiore o inferiore alle previsioni, ad esempio, genera certamente una serie di aspettative (positive o negative) e queste possono anche a loro volta trovare largo consenso tra i protagonisti del mercato dei cambi e far sottendere una decisa rivalutazione (o deprezzamento) della divisa interessata; ma non è raro, in concomitanza dell’annuncio ufficiale, osservare andamenti grafici di segno diametralmente opposti a quelli prospettati perché una grossa fetta degli operatori ha già anticipato il rialzo (o il ribasso) delle quotazioni della moneta e sta generando profitti.
La componente speculativa che accompagna i mercati finanziari è infatti molto più marcata sul Forex.

Fatte queste brevi premesse, tra le variabili macroeconomiche più importanti per gli investitori mondiali e gli operatori sul mercato dei cambi si evidenziano i cosiddetti market mover, gli indicatori e le notizie cioè in grado di condizionare l’andamento del mercato valutario.
L’attenzione, in particolare, è soprattutto per i principali market mover Usa, capaci di influenzare il dollaro e, quindi, il mercato dei cambi in generale.

sabato 26 gennaio 2019

Cosa guardano gli operatori sul Forex

Il Forex è condizionato soprattutto dalle variazioni riguardanti le principali variabili macroeconomiche utilizzate per misurare lo stato di salute economico e finanziario di un Paese, le più importanti delle quali, cioè quelle maggiormente osservate dagli operatori di mercato, sono:

Bilancia dei pagamenti
. Nessun operatore, e tantomeno un analista finanziario, ignora le cifre, su base mensile, trimestrale e annua, riportate dalla bilancia dei pagamenti di un Paese.
Si tratta del documento contabile riportante le transazioni di beni, servizi e strumenti finanziari che uno Stato effettua con gli altri Paesi, il cui segno e i cui volumi sono strettamente correlati ai tassi di cambio delle valute coinvolte.

sabato 12 gennaio 2019

Come si formano i prezzi sul mercato dei cambi


Per la formazione dei prezzi sul Forex valgono, in generale, i principi cardini della teoria economica tradizionale: alla determinazione del prezzo del tasso di cambio contribuiscono la domanda e l’offerta di una valuta rispetto ad un’altra.

Ad influenzare la domanda e l’offerta di una valuta rispetto ad un’altra contribuiscono poi diversi fattori, legati per lo più alle condizioni economiche del Paese la cui valuta si sta negoziando.

Il riferimento, nello specifico, è a quei dati (Bilancia dei Pagamenti, conti pubblici, spread tra tassi di interesse reali, tasso d’inflazione, produttività e crescita) la cui combinazione determina il prevalere della domanda sull’offerta e viceversa: nel primo caso l’aumento della richiesta di moneta (al numeratore) spingerà verso l’alto il suo prezzo (e il tasso di cambio), determinandone dunque un apprezzamento; nell’altro si registrerà invece un ribasso del rapporto di cambio, un deprezzamento della valuta (e un apprezzamento, dunque, della divisa al denominatore).

venerdì 4 gennaio 2019

I principali attori del mercato dei cambi

Il tasso di cambio è il numero di unità della valuta di uno Stato, o di un’area valutaria, che devono essere scambiate in modo da ottenere un’unità di un’altra valuta di un altro Paese (o di un’altra area monetaria).
Il tasso di cambio di mercato tra due valute è dato dall’incontro tra domanda ed offerta provenienti dai partecipanti al mercato del tasso di cambio della valuta estera.
Il suo valore segue, in estrema sintesi, le dinamiche di domanda ed offerta valevoli per ogni bene o servizio negoziato in economia.

Il mercato Forex coinvolge diversi attori ufficiali e privati ed è operativo per 24 ore su 24, dalla domenica sera (avvio negoziazioni in Estremo Oriente, Australia e Nuova Zelanda) al venerdì notte (chiusura negli Stati Uniti).
I prezzi delle valute, infatti, scorrono senza sosta in concomitanza dell’apertura della piazze finanziarie mondiali.

I principali protagonisti del Forex possono dividersi nelle seguenti categorie:

- banche e broker-dealer che agiscono per conto proprio o per la clientela;
- broker che operano solo per conto della clientela;
- banche centrali.

Banche
e broker-dealer negoziano valute per conto proprio o dei propri clienti per la copertura di posizioni aperte su altri mercati o per fini principalmente speculativi.
I clienti per i quali operano banche e broker-dealer sono società dedite all’export, investitori e speculatori, per conto dei quali per trovare una controparte con cui concludere la transazione desiderata le banche possono rivolgersi o direttamente ad un’altra banca, o ad un broker.
Questi, dal canto loro, non operano per conto proprio, ma mettono in contatto i loro clienti per concludere le transazioni.