sabato 14 settembre 2019

Finalità dell’operatività in derivati: speculazione

Per speculazione finanziaria si intende l’attività di un operatore finanziario che investe sul mercato supponendo degli sviluppi ad alto rischio il cui esito, positivo o negativo, dipenderà dal verificarsi o meno degli eventi sui quali ha formulato le sue aspettative iniziali. 
Se lo scenario aleatorio si manifesterà in linea con le aspettative, l'operazione speculativa avrà un esito positivo, generando un profitto per l’operatore, che nel caso contrario registrerà una perdita.

A differenza di molte altre attività di investimento, comunque basate sul valore atteso di un titolo, nell’attività speculativa le aspettative non si reggono su significative e robuste stime statistiche, ma su previsioni puramente soggettive, indipendentemente dalle analisi adoperate. 


La previsione di eventi senza solide basi statistiche espone l'operatore a grossi rischi, che possono essere compensati da altrettanti grossi guadagni, ma che possono anche degenerare in un rapido fallimento della strategia speculativa e dello stesso soggetto che l’ha adottata.

Una strategia speculativa può essere rialzista, dunque si acquista subito un titolo per rivenderlo in futuro ad un prezzo maggiore, oppure ribassista, vendendo subito un attività il cui prezzo si presume diminuirà in futuro. Se, solitamente, la speculazione rialzista si attua acquistando un’attività per rivenderla in futuro quando il suo prezzo aumenterà, la speculazione al ribasso può attuarsi o ritardando l’acquisto dell’attività (finanziaria o reale) ad un momento futuro, prevedendo che il prezzo diminuisca, o vendendo un titolo che impegna il venditore a consegnare una determinata quantità dell’attività in futuro, prevedendo di acquistarlo in un secondo momento sul mercato, quando il prezzo sarà diminuito.

Di conseguenza, speculando al rialzo sul prezzo di un bene, l’operatore rischia una quantità limitata di capitale, vale a dire quello impiegato per acquistare il bene da rivendere successivamente, mentre uno speculatore al ribasso rischia una quantità indeterminata di capitale, cioè la somma che dovrà versare per acquistare l’attività in futuro per adempiere agli obblighi contrattuali.
Lo speculatore al rialzo può dunque guadagnare una quantità indeterminata di denaro in futuro rivendendo l’attività su cui sta operando, mentre lo speculatore al ribasso può, al massimo, guadagnare il prezzo a cui si è impegnato di venderla in futuro nel caso il suo prezzo sia zero.

Visto  il tempo che intercorre tra l’operazione e la sua liquidazione, la speculazione consente la compravendita di strumenti finanziari allo scoperto.
Ciò consente, a parità di rischio, di moltiplicare i rendimenti e la leva finanziaria attraverso il ricorso alla marginazione, soprattutto quando l’interesse dell’operatore non è quello di avere a disposizione a una certa data e prezzo l’attività sottostante ma quello di guadagnare dalla compravendita del derivato.


Le vendite allo scoperto sono spesso considerate operazioni destabilizzanti dei mercati e in questi anni di crisi si è spesso fatto ricorso a regolamenti per contrastarle.
La Sec, ad esempio, nel 2008 ha introdotto delle restrizioni alla vendita di derivati per tutti gli investitori non in grado di dimostrare, attraverso un certificato di deposito proprio o di terzi, il possesso del sottostante.
Nello stesso anno in Italia la Consob ha adottato, fino a gennaio 2009, l’obbligo in capo ai venditori di dimostrare la disponibilità e la proprietà dei titoli dal momento dell’ordine fino alla data di regolamento dell'operazione.
In Cina, al contrario, la vendita allo scoperto è stata introdotta proprio per incrementare la stabilità finanziaria durante questo periodo storico di forte speculazione.
 (continua)

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