venerdì 30 giugno 2017

Il social lending


Il social lending è un canale alternativo di credito che consente il prestito diretto tra privati, al di fuori dei canali bancari e finanziari.
È un sistema peer to peer che si basa sulla creazione di una comunità entro la quale i richiedenti un prestito e i prestatori-investitori interagiscono direttamente tra loro, senza intermediari, ottenendo condizioni vantaggiose per entrambi, vale a dire tassi bassi per colui che ottiene il prestito (previa valutazione e approvazione sulla base del “merito creditizio”) e interessi più alti per chi presta il denaro (i cui investimenti, per differenziare il rischio, sono frazionati su più operazioni).
I tassi correnti, all’interno della comunità, sono infatti determinati unicamente dall’incontro tra domanda ed offerta.


Il social lending, nato nel Regno Unito nel 2005 con Zopa, con l’esplosione della crisi è diventato in pochi anni un modello alternativo su larga scala.
Le piattaforme di social lending (oggi semplicemente P2P Lending) attive al mondo oggi sono almeno 40. Per operare in Italia occorre l’autorizzazione della Banca d’Italia, che provvede alla vigilanza dell’attività svolta a tutela degli utenti e del mercato creditizio in generale.
In Italia i volumi erogati dai prestiti P2P (23 milioni di euro quelli di Smartika fino a dicembre 2016) sono ancora molto contratti rispetto ad altri (in Gran Bretagna 715 milioni di sterline nel solo primo trimestre dello scorso anno e oltre 2,2 miliardi nel 2015), ma il mercato è in forte crescita (le autorizzazioni di Bankitalia sono andate a rilento in questi anni).

da: Il mondo del credito al consumo: Il mercato del credito e i principali strumenti di finanziamento destinati ai privati consumatori (Conoscere Vol. 4)

mercoledì 21 giugno 2017

La nuova configurazione del mercato del credito al consumo


Il mercato del credito al consumo, come abbiamo osservato, è profondamente cambiato durante questa lunga crisi dalle cui morse ancora non si è usciti definitivamente.
Le dinamiche analizzate hanno condotto ad una forte contrazione del numero di clienti che ricorrono a finanziamenti di importo medio-alto, il più delle volte sotto forma di prestiti personali, la cui durata si è inoltre notevolmente allungata pur di ridurre il peso dell’indebitamento. Allo stesso tempo, è cresciuta l’incidenza dei debitori, tantissimi i giovani, che hanno ottenuto finanziamenti finalizzati di importo molto contenuto, sotto i mille euro, con scadenza breve e rate di importo molto modesto.
Osservando il numero dei contratti stipulati, nel periodo preso in considerazione esso è diminuito molto più per le società finanziarie (-25%) che per le banche (-11%), mentre un’opposta tendenza si rileva per gli importi medi dei finanziamenti, calati di circa un terzo per le banche e solo del 12% per le società finanziarie.

Le erogazioni di prestiti personali e finalizzati di natura bancaria, in effetti, si sono ridotte ad un ritmo più elevato rispetto a quello delle società finanziarie, la cui quota di erogazioni è aumentata di oltre 2 punti, arrivando al 54% nel 2013. I contratti di importi esigui (inferiori ai 1.000 euro)  sono al contempo più che triplicati per le banche, dal 9% del 2007 al 35% del 2013, e aumentati solo del 7% per le società finanziarie. Di conseguenza, per le banche è risultata più marcata la tendenza ad una maggiore diffusione di contratti con rate basse e scadenze a breve. Per entrambe le classi di intermediari, inoltre, il numero di contratti sottoscritti è aumentato solo per i più giovani e, nonostante ciò, nel 2013 per le banche la clientela prevalente era ancora rappresentata da persone con età superiore ai 56 anni (il 30% dei contratti rispetto ad una quota del 18% intestati ai più giovani).
In estrema sintesi, la tipologia contrattuale per importo medio, rata e durata del credito erogato dalle banche è diventata molto più simile a quella delle società finanziarie, caratterizzata proprio dalla prevalenza di prestiti contenuti, con rata bassa e durata breve, grazie anche alla crescente presenza nel segmento bancario di grossi operatori specializzati nel credito al consumo, operanti dunque con modalità più simili alle società finanziarie.

sabato 10 giugno 2017

Il mercato del credito al consumo durante la crisi: la stretta creditizia


Le ripercussioni della grande recessione sul mercato del credito al consumo hanno condizionato non poco le condizioni dell’offerta. Queste sono peggiorate dal 2008, quando il rapporto tra contratti conclusi e domanda è passato dal 68 al 65%, per poi migliorare successivamente. L’inasprimento delle condizioni ha riguardato principalmente le banche rispetto alle società finanziarie, ma nel 2013 il tasso di accoglimento delle domande da parte degli istituti bancari è ritornato ai livelli pre-crisi (2007), mentre quello delle società finanziarie (-4% dal 2007 al 2013) è rimasto comunque nettamente inferiore. Le società finanziarie, infatti, molto più esposte al rischio, anche per una più elevata quota di clientela giovane in portafoglio rispetto alle banche, sono state molto più rigide nella concessione del credito per l’intero periodo preso in considerazione, soprattutto verso alcune categorie di debitori (cittadini extra-comunitari e giovani, ad esempio) e per alcune tipologie di contratti di importo non basso. Il tasso di accettazione si è infatti ridotto tra il 4 e il 7% per le classi di richieste di ammontare compreso tra 1.000 e 15mila euro, con conseguente vistosa contrazione dell’offerta dei prestiti personali, caratterizzati da importi medi e rischiosità più elevata rispetto agli altri prodotti del comparto.

Banche e società finanziarie sono al contrario diventate più accomodanti nel concedere prestiti con una rata media mensile inferiore ai 100 euro, il cui tasso di accettazione nello stesso periodo è aumentato di oltre 10 punti percentuali, con conseguente accrescimento della sostenibilità del debito per fini di consumo e miglioramento degli indicatori di rischiosità dei prestiti.
La selettività, come anticipato, è rimasta molto elevata nei confronti della clientela più giovane: la quota di contratti accordati a questa classe di età è rimasta di oltre 10 punti inferiore a quella concessa alla clientela over 45 (59% delle richieste). In termini di erogazioni, tuttavia, la percentuale di credito al consumo erogato ai giovani è comunque aumentata di 3 punti, arrivando al 17% nel 2013, a scapito della quota relativa alla classe più anziana, che nello stesso anno pesava per circa il 30% delle erogazioni.
Il clima di profonda recessione di questi anni e le policy portate avanti da banche e intermediari finanziari hanno così arrecato fondamentali mutamenti delle caratteristiche dei contratti di credito al consumo.
Nel periodo analizzato la media dell’importo dei prestiti concessi ha continuato a ridursi fino a raggiungere un valore inferiore ai 6.000 euro, in calo del 22% sul 2007 (quando era pari a 7.400 euro).
L’importo dei finanziamenti, al contrario, è aumentato per le classi di clientela che pagano una rata mensile superiore ai 200 euro. Per coloro la cui rata mensile è superiore ai 500 euro, inoltre, l’importo medio dei finanziamento è addirittura aumentato del 25% circa, arrivando a sfiorare quota 30mila euro nel 2013. Per costoro, tuttavia, il numero di contratti stipulati si è dimezzato, rappresentando nel 2013 meno del 3% di quelli conclusi.
In linea con la tendenza al ribasso degli importi, anche la durata dei contratti stipulati è diventata più breve. La quota dei prestiti con scadenza inferiore ai 12 mesi è infatti cresciuta di 7 punti percentuali, mentre si è simmetricamente ridotta quella dei contratti con durata dai 37 ai 60 mesi.

Anche l’incidenza delle erogazioni con durata superiore ai 60 mesi è aumentata del 7%, raggiungendo quota 41%. In questa classe sono confluiti gran parte dei prestiti di importo medio-alto, per i quali gli intermediari finanziari hanno preferito allungare la durata della dilazione al fine di contenere la rata mensile.
L’andamento evidenziato si riflette anche nell’analisi dei prestiti per forma tecnica. Il calo dei contratti perfezionati ha riguardato tanto i prestiti finalizzati quanto i prestiti personali, ma per i secondi è stato molto più marcato (-27% rispetto al -16% fatto segnare dai prestiti finalizzati): l’importo, e il rischio, più elevato dei prestiti personali ha spinto gli intermediari ad essere più selettivi nella concessione del credito.
In termini di flussi, le dinamiche risultano del tutto diverse.
La riduzione degli importi medi ha riguardato esclusivamente i prestiti finalizzati (3.600 euro nel 2013, -35% sul 2007). Quasi la metà dei contratti di questo segmento nel 2013 aveva un importo inferiore ai mille euro (contro il 30% del 2007). L’importo medio dei prestiti personali (11mila euro), viceversa, è rimasto stabile, con la quota di erogazioni che è aumentata di circa 6 punti percentuali.
Tra questi ultimi si è registrato un aumento della quota di contratti con durata superiore ai 60 mesi (35% nel 2013), a fronte di una riduzione di quelli con durata da 37 a 60 mesi, in modo da facilitarne la sostenibilità.
La quota di prestiti personali con rate superiori ai 300 euro mensili si è ridotta di oltre 5 punti, mentre è aumentata di 8 punti la percentuale di contratti con una rata mensile inferiore ai 100 euro.
I prestiti finalizzati sono aumentati soltanto tra la clientela più giovane, arrivata al 22% nel 2013, +5% sul 2007, mentre si è ridotta la quota delle persone con oltre 56 anni.
La forte riduzione dell’importo finanziato si è tradotta in una maggiore incidenza dei contratti con durate molto brevi (scadenze entro l’anno). E il peso dei prestiti finalizzati con rata bassa è aumentato di oltre 20 punti, arrivando a quotare oltre il 60% del mercato. (continua)

Da: Il mondo del credito al consumo: Il mercato del credito e i principali strumenti di finanziamento destinati ai privati consumatori (Conoscere Vol. 4)

sabato 3 giugno 2017

Il mercato del credito al consumo durante la crisi: la contrazione della domanda


Negli anni precedenti lo scoppio della crisi che ormai dal 2007 ha drasticamente depresso l’economia mondiale, la diffusione del credito al consumo era notevolmente aumentata nel nostro Paese, fino a rappresentare il 20% circa dei finanziamenti contratti dalle famiglie italiane. E ciò sia per un andamento ciclico favorevole, sia per la percepibile riduzione del tasso d’interesse sulle nuove erogazioni (quasi due punti percentuali dall’inizio del 2003 alla fine del 2005).
Se agli inizi del duemila, infatti, il rapporto tra le consistenze del credito al consumo e i consumi delle famiglie era pari al 7%, 4 punti in meno rispetto alla media dell’eurozona, già nel 2008 l’indicatore era aumentato di quasi 5 punti, raggiungendo i dati rilevati nel resto dei principali paesi europei, dove storicamente il ricorso agli strumenti di credito al consumo da parte delle famiglie era molto più sviluppato che in Italia. Una dinamica confermata dall’indagine (biennale) sui bilanci delle famiglie condotta dalla Banca d’Italia, da cui emerge che il ricorso al credito al consumo in meno di dieci anni era passato dal 9% della seconda metà degli anni ’90 del secolo scorso al 13% rilevato nel 2008.

A fronte di un calo generalizzato registrato nei principali paesi dell’eurozona, tuttavia, il rapporto tra le consistenze del credito al consumo e i consumi delle famiglie italiane, ai massimi nel 2008, è rimasto invece stabile anche durante la crisi, a conferma dell’importante ruolo assunto in poco più di dieci anni dai prestiti nel sostenere i consumi, e nel 2013, anno drastico per l’economia nazionale, ha fatto registrare un +2% rispetto alla media delle principali economie del vecchio continente.
Nei primi due anni della crisi (2008-2010), in effetti, il ricorso al credito al consumo risulta particolarmente elevato tra le famiglie italiane con reddito basso, soprattutto tra quelle che nel 2010 avevano dichiarato redditi insolitamente inferiori rispetto alla media.
Tendenza attenuatasi nel 2012 ed invertitasi poi nell’anno successivo, quando la contrazione della spesa per consumi da parte delle famiglie residenti è risultata superiore a quella del reddito. Dai dati dell’indagine sui bilanci delle famiglie ad opera di Bankitalia, osserviamo infatti che a fine 2012 la percentuale di nuclei che ha fatto ricorso al credito al consumo si è ridotta di circa il 2%, un calo che risulta molto accentuato tra le famiglie giovani (-8%) e tra quelle a basso reddito (-4%).

L’indagine sul credito bancario (Bank Lending Survey – BLS) condotta dalla banca centrale italiana evidenzia tuttavia un forte indebolimento della domanda di credito al consumo già agli inizi del 2009, un trend che ha poi raggiunto l’apice nel periodo maggiormente colpito dalla crisi del debito sovrano, vale a dire dalla seconda metà del 2011 all’intero 2012.
Di fronte ad un persistente clima di incertezza e costante contrazione dei redditi delle famiglie italiane (ed europee) che condiziona fortemente la domanda di prestiti, si registra un forte irrigidimento delle condizioni di offerta da parte delle principali banche (credit crunch), attenuatosi, complici i continui interventi del Fondo Monetario Internazionale (e le uscite pubbliche del direttore Christine Lagarde), e della Banca Centrale Europea, finalizzati ad allargare le “maglie” del credito, solo negli anni successivi.
Dall’analisi si evince che dal 2007 al 2013 il numero di richieste annue è diminuito del 19%, fermandosi ad un livello di poco superiore ai 7 milioni.
La contrazione della domanda ha coinvolto tutte le classi di età, ad eccezione degli under 35, per i quali si è visto un incremento del numero di richieste, soprattutto tra il 2010 e il 2012, e sul finire di questo lungo periodo di austerity la composizione percentuale delle domande risultava ripartita equamente per ogni classe di età, una situazione molto diversa da quella rilevata nel 2007, quando la quota di domande in capo alla clientela più anziana ammontava a quasi il doppio di quella della classe più giovane.
Nello stesso periodo la domanda è cresciuta notevolmente per i contratti di importo più contenuto (inferiore ai 1000 euro), lievitata di oltre il 50%: questi tipi di finanziamento sono inoltre diventati la classe più importante, con un peso sul totale delle richieste arrivato a sfiorare il 30% di queste, il doppio rispetto al 2007.
A contribuire al ridimensionamento della domanda di credito al consumo e allo spostamento delle richieste verso contratti di importo molto contenuto, confermano le analisi, soprattutto il crollo delle vendite di autovetture, che ha reso meno necessari prestiti di elevato ammontare, e la tenuta delle spese per elettronica e telefonia, che richiedono importi di gran lunga minori.

Ma la tendenza a contrarre prestiti di piccolo importo si è inoltre ulteriormente accentuata per il perdurare della crisi e la mancata ripartenza dell’economia su scala nazionale e globale: la situazione delle famiglie, specie se monoreddito o/e con capofamiglia giovane, si è ancora più aggravata e la capacità di risparmiare, e dunque disporre di attività finanziarie con cui far fronte alla perdita di potere d’acquisto, è diventata una vera e propria chimera.
Ciò ha spinto molti di questi nuclei ad accentuare la domanda di finanziamenti per scopi di consumo, anche se per importi molto bassi, e la stessa riduzione dell’importo del prestito richiesto può essere stata una prerogativa per ottenere il finanziamento a fronte della crescente selettività che gli intermediari hanno mostrato nei confronti dei residenti. (continua)