domenica 31 marzo 2019

Derivati finanziari: le categorie principali

Con il termini derivati abbiamo visto intendesi gli strumenti finanziari il cui valore “deriva” da quello delle attività sottostanti.  Queste possono essere merci, titoli, tassi, valute, indici finanziari o altri tipi di indici, crediti e anche altri contratti derivati.
Nati per permettere a imprese e istituzioni di tutelarsi dai rischi correlati alla loro attività economica, e soprattutto dal rischio di cambio e dalle oscillazioni dei prezzi delle materie prime e dei tassi d’interesse, il loro utilizzo si è gradualmente esteso ad altre aree di rischio, come quello di credito, con il conseguente proliferare di tante formule contrattuali spesso molto differenti dagli strumenti più noti.

sabato 23 marzo 2019

I derivati finanziari

Gli strumenti finanziari derivati sono contratti il cui valore deriva dal prezzo di altre attività sottostanti, che possono avere natura reale (commodity derivatives) o finanziaria (financial derivatives).
Sono, di norma, negoziati in mercati a pronti: tutte le operazioni si concludono con l’effettiva consegna del bene della transazione, se previsto, e con pagamento in denaro a brevissimo termine (Cash Market).

I derivati possono essere simmetrici o asimmetrici.
Nel primo caso acquirente e venditore si impegnano ad effettuare una prestazione alla data di scadenza, nel secondo, invece, l’obbligo vige soltanto in capo al venditore in quanto il compratore, versando un premio, si riserva il diritto di decidere in data futura se effettuare o meno la compravendita del bene sottostante.

Un’altra distinzione si basa sulla natura del mercato dove essi sono scambiati, vale a dire tra i derivati negoziati sui mercati regolamentati (come i futures e molti contratti di opzione) e i derivati scambiati in mercati OTC (Over the counter).

domenica 3 marzo 2019

Cosa guardano gli operatori: le politiche monetarie

Le politiche monetarie hanno un ruolo fondamentale nella determinazione del valore di una valuta rispetto ad un’altra.
Alla politica monetaria spetta di solito la stabilità dei prezzi, condizione essenziale per ogni altra finalità di politica economica (sviluppo, occupazione e crescita), e per riuscirci le Banche Centrali, cui spetta la politica monetaria (più o meno di concerto con il ministero del Tesoro), possono intervenire su due strumenti cardini dell’economia: i tassi d’interesse e il quantitativo di moneta in circolazione.

Secondo la combinazione degli strumenti in dotazione alle Banche centrali, le politiche monetarie possono distinguersi in espansive e restrittive.

Sono politiche monetarie espansive quelle che attraverso una riduzione dei tassi di interesse e/o un aumento dell’offerta di moneta vogliono stimolare investimenti e produzione.
Rientrano ad esempio tra queste le operazione di quantitative easing (QE) a cui hanno fatto ricorso in questi anni di crisi, e con diverse modalità, la Federal Reserve, la Bank of Japan e la Banca Centrale Europea.

Sono invece restrittive quelle politiche monetarie orientate al contenimento del tasso d’inflazione o del disavanzo pubblico mediante la riduzione della moneta circolante e l’aumento dei tassi di interesse.

Le Banche centrali operano soprattutto attraverso operazioni di mercato aperto, acquistando o vendendo titoli (obbligazioni statali, di norma), in modo da impattare sui tassi d’interesse e sulla base monetaria a brevissimo termine e cercare di orientare il mercato monetario, creditizio e finanziario verso gli obiettivi prefissati anche nel più lungo periodo, ma per far fronte a situazioni di elevato rischio possono ricorrere anche a strumenti “non convenzionali” (come le LTRO, le operazioni di rifinanziamento a lungo termine negoziate dalla BCE con le banche commerciali in due aste aperte a dicembre 2011 e febbraio 2012).