mercoledì 6 aprile 2016

CM 01/02: campionato 2001/02, come ti stravolgo la storia dei viola



Avevo una “signora” squadra, ma le condizioni per lavorare non erano proprio le migliori. Lontano dal grosso giro avevo già affrontato situazioni simili, o addirittura peggiori: in più di un’esperienza nelle serie minori, con CM 99/00, mi era stato anche chiesto di prestare maggiore attenziona alle finanze (cedere giocatori, in parole povere) e, mentre cercavo di farlo senza perdere di vista i risultati, la società portava i libri in tribunale e subentrava poi una cordata di nuovi soci a guidarla.
Ora però ero alla guida di una delle “sette sorelle”, nella delusissima Firenze, che aveva visto la sua squadra passare dall’ebbrezza della qualificazione in Champions League di due anni prima alla delusione per il nono posto in classifica nel campionato da poco conclusosi, in parte mitigata dalla vittoria della Coppa Italia (che in CM 01/02 vuol dire anche qualificazione diretta in Coppa Uefa).

In ogni partita di Championship Manager, pur dovendomi inizialmente “arrangiare” con il materiale che trovavo nella rosa (e l’umore che regnava dentro la squadra e, spesso, la società), avevo sempre perseguito l’obiettivo di mettere su una squadra schierata secondo un 4-4-2 offensivo, tutti impegnati a marcare a zona, ad eccezione, spesso, dei due difensori centrali, ai quali chiedevo invece di marcare a uomo i due attaccanti avversari, con la seconda punta che doveva continuamente avvicinarsi alla linea mediana del campo per dare una mano ai colleghi e proporsi per l’attacco e i due centrocampisti esterni incaricati di spingere sulle rispettive fasce.
Anche quando non disponevo di fondi per la campagna acquisti, mentre cercavo di preparare la squadra da mettere in campo e trovare giovani promesse da inserire nell’organico, pur di riuscirci non esitavo a passare ore a cercare di ingaggiare a parametro zero calciatori svincolati o svincolabili (è un'attività estenuante, ma che "prende").

Grazie ad una di queste interminabili trattative ero riuscito a portare Cesar Sampaio alla Nocerina in veste di giocatore/preparatore atletico, con un ingaggio da 110mila euro all’anno per due stagioni.
Era la mia decima o oltre avventura con CM 99/00 e avevo da poco preso in mano la squadra. I centrocampisti centrali erano i primi calciatori che osservavo in squadra e sul mercato e, trovatolo libero nella ricerca giocatore, ero partito a testa bassa a contattarlo.
Sorprendedomi, l’ex Deportivo mi aveva chiesto 350mila euro a stagione per due anni: una cifra molto lontana dal tetto agli ingaggi che la società aveva fissato e, comunque, fuori dalle nostre possibilità. Di contro ero arrivato al massimo che potevo, mettendo sul piatto 120mila euro a stagione per due anni, 10mila euro per assist ed altrettanti per ogni rete segnata.
Il rifuto era stato netto (e prevedibile), ma ciò che davvero mi aveva sorpreso non era l’ingaggio richiesto, ma il fatto di voler negoziare un contratto. Eravamo in serie C e l’obiettivo era evitare di farci coinvolgere nei play-out: in questa posizione da un campione, anche se in calo fisico e di rendimento, mi ero beccato sempre ed esclusivamente un rifiuto. Magari con motivazioni del tipo 'preoccupato per il diverso stile di vita e la lingua' o 'non vuole trasferirsi in Italia', senza alludere quindi al “rango” della squadra, ma comunque un risolutivo diniego.
Cesar Sampaio invece aveva lasciato una porticina aperta, cosicchè tornavo ripetutamente alla carica e dopo un tira e molla iniziato ai primi di luglio e terminato alla prima di campionato, intervallato dall’inserimento di altri club nella trattativa, ero riuscito ad ingaggiarlo (e a conquistarmi subito la tifoseria).
Tre anni dopo la Nocerina, con Cesar Sampaio al mio fianco in veste di allenatore in seconda, “rischiava” di salire in serie A.
Pilastro di quella squadra era Claudio Husain, che svincolatosi dal Napoli a parametro zero (anziché tornarsene in Argentina come avvenuto nella realtà), aveva sostituito in cabina di regia proprio la colonna del centrocampo della nazionale carioca della seconda metà degli anni ‘90. La (mia) Nocerina in serie A ci arrivò l’anno successivo, ma questa è un’altra storia.


L’organico della Fioentina mi permetteva di “ragionare” immediatamente secondo il “mio” 4-4-2 offensivo. Qualche dubbio l’avevo sul tipo di marcatura da chiedere ai due difensori centrali, se a zona o a uomo sui due attaccanti avversari.
Lo staff tecnico era invece orientato nel preferire il 3-5-2, alcuni, o il 5-3-2, i più, entrambi in versione offensiva: il centrale che indietreggia rispetto ai colleghi di reparto durante le fasi difensive (non proprio il libero alla Lazzaroni, ma quasi) sembrava fosse un “verbo” nell’ambiente viola. Mi viene da associarci,  a pensarci su, l’esonero di Radice, l’allenatore che aveva lanciato la Fiorentina tra le grandi, per non aver schierato il libero durante una partita in casa persa contro l’Atalanta. E quell’anno la squadra dove militavano, tra i tanti, Batistuta, Effemberg, Baiano e Laudrup, affidata poi a Trapattoni, da sesta in classifica era riuscita a retrocedere in B (era il 1993).

Decisi di partire con il “mio” 4-4-2 offensivo e di organizzare 6 amichevoli da concludere entro 2/3 giorni dalla prima di coppa Italia. In calendario se ne aggiunse una settima, al Bernabeu su invito del Real Madrid. Una delle prime cose che si apprende giocando con CM è il grosso rischio di presenarsi ai primi incontri con i calciatori ancora fuori forma o addirittura inutilizzabili.
Cosa che ho provato alla mia prima partita in assoluto e che mi ha fatto capire quanto fosse indispensabile alleggerire la preparazione fisica già ai primi di agosto e, subito dopo, far giocare qualche amichevole alla squadra durante la seconda metà del mese. Un periodo, quest'ultimo, in cui le amichevoli spesso si affiancavano al primo turno di coppa Italia (andata e ritorno in CM 01/02) o all’intero girone di qualificazione di coppa di categoria (spesso partivo con un club di serie C). Un carico di incontri iniziali, in una fase durante la quale è importante dedicarsi anche agli aspetti tecnici e tattici della squadra, che costringe l’utente a prendere davvero sul serio Championship Manager e ciò che sta facendo.
Evitata una carrellata di infortuni perchè si è andati a modificare le impostazioni dell’allenamento fin dal primo giorno di “lavoro”, in altre parole, ci si trova subito a giocare un po’ di partite con cui provare la squadra e, soprattutto, ben figurare e raggiungere già qualche obiettivo. Superata questa fase iniziale della prima partita di CM, nella quale siete stati “traumaticamente” proiettati in tematiche legate alla preparazione fisica, prima, all’organizzazione del calendario e della squadra secondo quest’ultimo, poi, e al modo di presentarsi con i calciatori, la tifoseria e l’ambiente tutto con il gioco e i primi risultati (tutto in due settimane e poco più), siete diventati dipendenti. Ebbene sì, quel videogame manageriale dalla grafica così poco accattivante che magari stavate testando come alternativa, ad esempio, a PC Calcio, è diventato il vostro incubo e la gestione della squadra e delle situazioni che voi stessi contribuite a creare la vostra missione. Se, viceversa, la raffica di infortuni che vi ha paerseguitato in questa fase iniziale della partita, le brutte figure in campo, la difficoltà di districarsi tra le tante attività che vi siete accollati accettando di gestire la squadra e di valutare giocatori e staff secondo numeri, schede e voti tecnici, oltre che l’eccessiva interattività del gioco, vi hanno spinto a uscire dalla prima partira e a disinstallare il programma, difficile biasimarvi: vi siete salvati.

Tornando alla squadra da mandare in campo nelle prime uscite (Piacenza e Siena), decisi di partire con Taglialatela in porta, Torricelli a destra, Vanoli a sinistra, Adani e Repka centrali di difesa, tutti in linea e con il compito di marcare a zona gli avversari, Mijatovic centrocampista destro con licenza di attaccare (sulla fascia e al centro), Ezequiel Gonzalez al lato opposto e con le stesse disposizioni, Cois e Amoroso sull’asse mediano del centrocampo, Chiesa e Nuno Gomes avanti, con il primo incaricato di indietreggiare a centrocampo (e al posto di Mijatovic se questo rimaneva in attacco) e porporsi per l’affondo o per dare una mano a difendere e il secondo di fare reparto da solo durante gli spostamenti del collega.
Per Mijatovic, Torricelli e Vanoli si trattava di giocare molto più dietro di quanto fossero ormai abituati. Per i due fluidificanti (ex secondo le scelte che stavo compiendo), a dettare la mia scelta erano state l’intelligenza tattica di entrambi, che li rendeva dei punti di riferimento e che mi permetteva di “ragionare” fin da subito secondo un modulo e di impostare anche il turn-over a cui sarei dovuto ricorrere giocando partite molto ravvicinate tra di esse come quelle che stavamo per affrontare, oltre l’idea di preservarne la condizione fisica il più a lungo possibile, vista l’età e immaginati i chilometri già percorsi nella loro lunga carriera. Mijatovic non l’avevo mai considerato (nel calcio vero) un grandissimo goleador, o, in quest’ottica, comunque potenzialmente meno di Enrico Chiesa, ma un attaccante capacissimo di colpi di grande classe, all’occorrenza rifinitore eccezionale come le migliori mezze punte di tradizione jugoslava e propenso anche a incisive groppate sulle fasce: ero convinto che avrebbe dato tantissimo partendo dal lato destro della mediana di centrocampo per allungare sul fondo o accentrarsi verso l’area di rigore avversaria e fare male, o direttamente o mettendo in condizione di segnare qualche compagno di squadra. Confidavo proprio nella classe e nella tenacia dello slavo per fare punti già dall’inizio del campionato in modo da spostare la concentrazione di tutti sulla squadra e il calcio giocato. Poi, magari dopo gennaio, avrei cercato di conservarne l’integrità fisica e le grandi doti di attaccante alternandolo con Chiesa nel ruolo di seconda punta e impiegare di più Marco Rossi sulla fascia destra (o, nel caso questo giovane dalle grandi potenzialità non fosse esploso, alternare in quella posizione Torricelli e Di Livio).
Per la panchina avevo scelto Di Livio, che nella ripresa avrei impiegato o al centro o su una dei due lati del centrocampo, Baronio (potenziale sostituto di Christian Amoroso), Tarozzi (che sarebbe subentrato a Torricelli o ad uno dei due difensori centrali), Alessandro Agostini (che avrebbe consentito a Vanoli o Torricelli di uscire durante il secondo tempo), Pierini e Emiliano Moretti (sostituti in corso di Repka, Adani o, per il solo Moretti, Vanoli) e tanti giovani. Avevo lasciato fuori altri potenziali membri della prima squadra per tenerli ancora sotto allenamento e impiegarli dalla terza amichevole in calendario.

A proposito dell’allenamento, appena presa in mano la squadra, ero solito (con CM 99/00) personalizzare le sezioni Portiere, Tattica e Tiro nel seguente modo:
- nella prima, rispetto alle impostazioni di default, spostavo da minimo a medio gli allenamenti fisici, aggiungevo esercizi di tiro e intensificavo quelli finalizzati ad aumentare l’abilità tecnica (la voce specifica ‘portiere’ era già al massimo);
- nella seconda, impostavo al massimo l’allenamento tattico e lasciavo ai valori medi quello fisico, che però intensificavo durante la preparazione estiva e nelle pause del campionato e, viceversa, cercavo di allentare quando la squadra era impegnata su più fronti in un ristretto lasso di tempo, e quello di tipo tecnico (anche se quando non avevo partite infrasettimanali optavo anche per questo per il massimo);
- nella terza portavo al massimo, ovviamente, le sessioni di tiro e lasciavo al valore medio le altre tipologie (intensificndo tuttavia quella fisica quando c’erano pause di campionato e in piena preparazione estiva).
Alla prima sezione assegnavo i portieri, alla seconda difensori e centrocampisti (che, di fatto, "ammazzavo" d'allenamento più di tutti) e alla terza le punte (e qualche volta i centrocampisti offensivi).
Regolando in modo diverso gli allenamenti fisici, tattici, di tiro e tecnici, inoltre, spesso creavo delle sezioni specifiche per i giovani della squadra (tanto allenamento tecnico e tattico e leggero quello fisico per i giovanissimi, ad esempio) o per i senior (poca tattica e fatica), che ribattezzavo con i nomi più strambi.
In questa fase iniziale di calcio giocato, come anticipato, avevo invece ridotto al minimo quasi tutti i tipi di allenamento/esercizi utilizzando uno schema come la seguente videata che ho trovato online. A regime avrei ridistribuito il lavoro secondo le "mie" impostazioni suesposte.


(una videata degli allenamenti)


Per quanto riguarda le istruzioni alla squadra, ero orientato fin dalla prima partita con Championship Manager come in questa videata che ho trovato sul web (non dovrebbe sorprendere che qualche mio centrale di difesa o di centrocampo figurasse tra i più "cattivi" del campionato):


(videata degli ordini alla squadra)


Nessun commento:

Posta un commento