domenica 17 novembre 2019

Forex: i costi da tener conto per operarvi

Quando si parla di operatività sul Forex  occorre distinguere tra operatività a pronti (spot) e operatività a termine. 
Con la prima si fa riferimento alle operazioni di compravendita aventi ad oggetto valute nel mercato spot, cioè a quelle transazioni che vengono regolate in valuta al secondo giorno successivo la conclusione della negoziazione, mentre l’operatività a termine si riferisce alle operazioni il cui regolamento è in genere posticipato di diverse settimane, mesi o anni, attraverso l’utilizzo di strumenti quali swap, futures ed opzioni su valute.

L’operatività sul mercato spot del Forex implica la conoscenza dei costi relativi ad essa, i principali dei quali sono spread, interessi e margini.

Lo spread è il differenziale tra le due quotazioni in cui viene espresso un dato tasso di cambio, ossia tra la quotazione bid (o denaro), alla quale è possibile vendere un dato cross valutario, e la quotazione ask (o lettera), alla quale è possibile acquistare una valuta rispetto un’altra.
Chiunque inizi ad operare sul Forex deve prestare particolare attenzione a questa variabile, poiché il suo valore costituisce il movimento minimo che il mercato deve fare per consentire al trader di trarre un profitto dalla sua strategia. Vi sono spread fissi o variabili, ed è fondamentale fare attenzione a quest’ultimo quando si sceglie un Forex broker.
Di norma,  differenziale è minimo per le coppie più frequentemente oggetto di scambio (come i cross EUR/USD, USD/JPY, GBP/USD, etc.), mentre diventa più ampio per le coppie di valute più “esotiche” e meno negoziate.

domenica 3 novembre 2019

CFD e opzioni binarie

Banche e broker online mettono a disposizione di trader e speculatori strumenti derivati sempre più appetibili, soprattutto per quanto riguarda il grado di leva finanziaria offerto.
Se per operare su indici, azioni e commodity tanti istituti di credito forniscono ai loro clienti diverse piattaforme per negoziare contratti per differenza (CFD), strumenti utilizzati inizialmente da alcuni hedge funds e investitori istituzionali per coprire la loro esposizione in azioni sul London Stock Market , altri, principalmente broker specializzati nella negoziazione su mercati altamente liquidi e speculativi, ricorrono alle opzioni binarie, strumenti derivati con forti connotati della scommessa.

I CFD, o contratti per differenza (contracts for difference), sono strumenti finanziari con cui è possibile negoziare un indice, un dato quantitativo di azioni o una commodity senza effettivamente possedere l’asset sottostante.
Il prezzo di un CFD è il prezzo del sottostante, del quale segue le identiche dinamiche.
A differenza del trading con gli asset sottostanti, nel trading con i CFD non ci sono commissioni di scambio, che di fatto non avvengono, e ad essi è associata una leva finanziaria, assente per i titoli più comuni.
Essi sono negoziati in marginazione, ricorrendo dunque alla leva finanziaria per moltiplicare al massimo il capitale impiegato per il trading, e, di conseguenze, i profitti (e le perdite), cosicché il trader deve mantenere un margine minimo: se la somma depositata presso la società che emette il CFD scende al di sotto del livello di margine minimo, l’operatore deve coprire (margin call) rapidamente la posizione, altrimenti il broker potrebbe liquidare le sue posizioni.

Le opzioni binarie sono opzioni il cui playoff è limitato ad una ammontare fisso dell’asset o nullo.
L’esito dell’investimento ha quindi due soli possibili risultati (per cui il nome dello strumento): o si guadagna il ricavo fissato all’atto della stipula del contratto o si perde la somma impiegata.
Il funzionamento dell’opzione binaria sembra ricalcare quello di una scommessa sul trend del sottostante, motivo delle tante polemiche (e della tanta attenzione) su questo contratto così diffuso online e alla base di moltissime piattaforme per trading su valute e indici.