sabato 28 maggio 2016

I future: difesa e attacco



future sono contratti a termine standardizzati con cui le parti si impegnano a scambiare una certa attività (finanziaria o reale) ad un prezzo prefissato e con liquidazione differita ad una data futura prestabilita. Sono contratti derivati c.d. “simmetrici”, in quanto entrambi i contraenti sono obbligati a effettuare una prestazione a scadenza: l'operatore che acquista il future si impegna ad acquistare a scadenza il sottostante e assume una posizione lunga (long), mentre l'operatore che vende il future assume una posizione corta (short). 

Di rado in realtà i future si concludono con la consegna fisica del bene o attività sottostante
Gli operatori preferiscono infatti chiudere le posizioni aperte rivendendo un contratto future precedentemente acquistato o acquistando il contratto future precedentemente venduto, operatività che consentono di risparmiare sui costi di consegna. Se il future giunge invece a scadenza, potrà essere liquidato per cash settlement (calcolandone il controvalore monetario) o potrà esserci la vera e propria consegna fisica del sottostante: in tal caso, l'esatta quantità e qualità dei beni consegnabili sono fissate dal mercato dove il contratto viene scambiato. 

L'attività sottostante di un future può essere rappresentata da un'azione, un'obbligazione, un indice azionariouna merce (commodity)un tasso di interesse a lungo termine, un tasso a breve o una valuta. La dimensione del contratto definisce l'ammontare di essa che il venditore dovrà consegnare al compratore per ogni contratto stipulato. 
Per ridurre i rischi di insolvenza la Clearing House (la Cassa di Compensazione e Garanzia in Italia) obbliga i contraenti a liquidare quotidianamente le posizioni aperte in future attraverso il meccanismo del marking-to-market.  

I future possono essere negoziati con tre finalità: copertura, speculazione e arbitraggio. 

domenica 22 maggio 2016

Il peso del dividendo e del tasso d’interesse sul valore teorico delle opzioni

Se il valore intrinseco e il valore temporale rappresentano le componenti principali del prezzo di un’opzione, non possiamo dimenticare quanto incidano sulle dinamiche della formazione dei prezzi di un’attività finanziaria elementi quali l’effetto dei dividendi e dei tassi di interesse. Due fattori dei quali dunque il prezzo delle opzioni non può non tenere conto. 

Per quanto riguarda i dividendi, sappiamo che essi determinano una diminuzione del prezzo delle azioni il giorno dello stacco e che quindi hanno un effetto negativo sul valore di un’opzione call e positivo su quello di una put. Per l’impatto del tasso d’interesse, ricordando che il detentore di un’opzione call beneficia dei rialzi del sottostante come se ne fosse in possesso, ma rinvia nel tempo l’esborso di denaro necessario per acquistare il titolo, icosto di questa possibilità di differire nel tempo l’esborso di denaro è il tasso di interesse monetario (nel mercato italiano come riferimento può prendersi il titolo di stato a breve scadenza). Più alti saranno gli interessi, maggiore sarà la convenienza a posticipare le uscite (e a mantenere il denaro investito sul mercato monetario) e quindi più elevato dovrà essere il premio della call, cioè del diritto a rimandare l’uscita.  

Situazione inversa per un’opzione put. All’aumento dei tassi corrisponde un calo del valore della put e più i tassi sono alti, maggiore è la convenienza a liquidare tutta la posizione per garantirsi una rendita priva di rischio sul mercato monetario, minore quindi sarà il premio che si è disposti a pagare per la put. 

mercoledì 18 maggio 2016

Opzioni di tipo europeo e di tipo americano

Una delle distinzioni primarie tra i vari tipi di contratti di opzioni è quella tra opzioni europee ed americane. Le prime sappiamo essere esercitabili solo alla data di scadenza, mentre le seconde in qualsiasi momento entro la data di scadenza. Questa caratteristica delle opzioni di tipo americano fa sì che il loro prezzo sia di norma molto superiore a quello delle analoghe (stessa durata, stesso sottostante e identico strike) opzioni di tipo europeo e, in ogni caso, mai inferiore.  

Nella realtà di tutti i giorni tuttavia la differenza (comprensibile) di prezzo, ad esempio, tra le opzioni call americane e le call europee non si evidenzia perché difficilmente i diritti vengono esercitati prima della scadenza. Infatti nel caso si posseggano call solo per scopo speculativo, le leve finanziarie che esse consentono rendono molto più alto il profitto (e la perdita) operando con l’opzione piuttosto che esercitando il diritto e farlo sul sottostante. Se l’obiettivo è invece quello di acquistare il sottostante per tenerlo in portafoglio, è preferibile aspettare la scadenza: in tal modo si rimandano le uscite di liquidità e il possesso dell’opzione call invece del titolo sottostante garantisce una certa protezione dai ribassi del prezzo di quest’ultimo (e alla scadenza si potrebbe acquistare il sottostante sul mercato ad un prezzo inferiore di quello fissato da quello d’esercizio). 

venerdì 13 maggio 2016

Come si determina il prezzo di un’opzione



Il profitto o la perdita alla scadenza che può generare un’opzione dipendono dal superamento al rialzo (nel caso di una call) o al ribasso (put) del prezzo d’esercizio da quello della quotazione del sottostante. Sulla base di questo rapporto, abbiamo già visto che un’opzione può essere at the money” (ATM), se il prezzo d’esercizio è uguale al prezzo corrente dell’attività sottostante, “in the money” (IN o ITM), quando il prezzo di esercizio è inferiore (call) superiore (put) al prezzo corrente dell’attività sottostante, o “out of the money” (OTM), nel caso in cui il prezzo d’esercizio è superiore (call) inferiore (put) al prezzo del sottostante. 

Considerando un’opzione put, ad esempio, quotazioni del sottostante inferiori al prezzo d’esercizio (put ITM) comporteranno un profitto, dunque l’esercizio del diritto a vendere ad un prezzo superiore a quello di mercato da parte del possessore dell’opzione, mentre quotazioni dell’attività sottostante superiori allo strike (put OTM) comporterebbero, invece, una perdita, per cui al possessore non converrà esercitare l’opzione 
Situazione diametralmente opposta nel caso di possesso di un’opzione call: quotazioni del sottostante maggiori dello strike comporteranno un profitto e quindi l’esercizio del diritto ad acquistare (call ITM), mentre valori del sottostante inferiori (call OTM) il non esercizio dell’opzione. 
Il valore del profitto di un’opzione ITM se esercitata rappresenta il valore intrinseco dell’opzione, la componente principale del prezzo di un’opzione ITM prossima alla scadenza.  

Oltre al valore intrinseco, sulla determinazione del prezzo di un’opzione incidono ovviamente (stiamo parlando di un prodotto finanziario derivato) diverse altre componenti.  Tra esse ricordiamo in questa sede il valore temporale, uno dei più analizzati dai trader e, in generale, dagli investitori che operano su questo mercato. 
Considerando ad esempio un’opzione OTM con una lunghissima scadenzail valore intrinseco sarebbe pari a zero, ma la lunghissima scadenza aumenta la probabilità che entro la fatidica data il contratto possa ricadere in una situazione ITM. Il “prezzo” di questa probabilità che il compratore di un contratto di opzione deve pagare è definito, appunto, valore temporale, che diminuisce con il passare del tempo e l’avvicinarsi alla scadenza

Il valore temporale aumenta anche con l’aumentare della volatilità dei prezzi dell’attività sottostante. Se storicamente il sottostante presenta variazioni molto marcate, la probabilità che titoli OTM possano essere ITM a scadenza aumentaNon a caso, nei modelli matematici più utilizzati per stimare il prezzo delle opzioni, il parametro più importante e di più difficile da determinare è proprio la volatilità e su molte piattaforme per operare su questi mercati anziché essere quotato il prezzo del derivato è indicata semplicemente la volatilità implicita in corrispondenza dei vari livelli di prezzo, vale a dire quella volatilità sottintesa al prezzo scambiato sul mercato in quel dato momento. Gli operatori che utilizzano tali strumenti comprano opzioni call o put (secondo le loro aspettative sul trend del sottostante) se prevedono che la volatilità aumenterà (se quindi il prezzo delle opzioni salirà) e le vendono se ipotizzano che essa calerà.  

Altra importante componente per la determinazione del prezzo delle opzioni è, infine, quella legata alle dinamiche della domanda e dell’offerta sul mercato. Siamo di fronte, in questo caso, ad una variabile concettualmente molto interessante ma nella realtà poco significativa, se non in casi davvero estremi di forti squilibri di mercato. Ma, grazie alle strategie di arbitraggio messe in piedi da chi opera abitudinariamente sui mercati, questi sono molto limitati nel tempo e incidono in modo meno drastico di quanto si possa immaginare sui risultati attesi.


   

lunedì 9 maggio 2016

Opzioni: le caratteristiche essenziali


Un'opzione è un contratto che conferisce al compratore il diritto di acquistare (call) o vendere (put) un bene ad un prezzo prefissato (strike price o prezzo di esercizio) ad una certa data futura.
Per le opzioni di tipo europeo il diritto può essere esercitato solo alla scadenza, mentre per quelle di tipo americano il compratore può esercitare il suo diritto in qualsiasi momento entro la scadenza. 
Il bene oggetto di compravendita costituisce l’attività sottostante dell’opzione e a fronte della stessa attività sottostante sussistono diversi contratti di opzione call o put a seconda del prezzo di esercizio: se il prezzo d'esercizio di un'opzione call (o put) è inferiore (o superiore) al prezzo corrente dell'attività sottostante, l'opzione si dice "in-the-money" (se scadesse in quel tal momento genererebbe un guadagno); se il prezzo di esercizio è pari a quello dell'attività sottostante l'opzione si dice "at-the-money", altrimenti si dice "out-of-the-money" e in entrambi i casi non genera alcun flusso. La differenza tra il prezzo del titolo sottostante e il prezzo d’esercizio (o viceversa) determina, in sostanza, se l’opzione produce un entrata o meno, cioè se è “in-the-money”, “at-the-money” o “out-the-money”.

Un contratto di opzione, a differenza degli altri contratti a termine, concede al compratore il diritto, ma non l'obbligo, di comprare o vendere l'attività sottostante.
Con esso gli obblighi del compratore si estinguono al momento della stipula con il pagamento del premio. Successivamente, egli non ha più obblighi ma soltanto la facoltà di esercitare il suo diritto: motivo per il quale il detentore di un'opzione può beneficiare della possibilità di guadagni teoricamente illimitati a fronte di perdite limitate, al massimo, al premio pagato.
Il titolare di un’opzione call, ad esempio, può decidere di esercitarla perché il valore del sottostante è maggiore del prezzo d’esercizio e rivendendo subito l’attività sottostante a prezzi di mercato è in grado di guadagnare la differenza tra il valore di quest’ultima ed il prezzo di esercizio pagato, tenendo conto, ovviamente, del premio pagato per l’acquisto dell’opzione.
Per il venditore di un’opzione, invece, che incassa il premio ma che subisce l’esercizio del diritto di acquistare o vendere dell’acquirente, il massimo profitto è rappresentato proprio dal premio incassato, mentre è il rischio di perdite ad essere potenzialmente illimitato (anche se chi opera in tal modo è solito ricorrere a strategie dinamiche sul sottostante in modo da limitare le potenziali perdite o generare guadagni).