domenica 28 aprile 2019

Derivati finanziari: i future

Costanti riferimenti nella trattazione del mercato dei derivati sono futures ed options.
D’altronde, se derivato si usa ormai per indicare delle formule contrattuali spesso incomprensibili e confezionate addirittura per lasciare intendere un tipo (o grado) di rischio del tutto diverso rispetto a quello che il risparmiatore è propenso a sopportare, gli strumenti principali di questo mercato, per importanza storica e, soprattutto, per la massa di liquidità movimentata, sono proprio queste due categorie base.

I futures sono dei contratti a termine con cui le parti si impegnano per la compravendita di un’attività reale o finanziaria ad una determinata data futura e ad un prezzo e quantitativo prefissati all’atto della sottoscrizione dell’accordo.
I commodity futures hanno come sottostante beni reali, in particolare materie prime e merci di particolare valore economico e indispensabili per il benessere quotidiano (petrolio e prodotti derivati, metalli preziosi, cereali, carni, cacao, fibre, legname da costruzione, metalli industriali, prodotti coloniali e tropicali, etc.).
I financial futures hanno invece come oggetto la compravendita di titoli a tasso fisso (interest rate future), indici di Borsa (stock index future), azioni (single stock future), valute (currency future) e, in generale, un’attività finanziaria o un indice.

A differenza dei contratti a termine “puri”, dei quali assumono le caratteristiche di base, i futures sono  strumenti finanziari standardizzati: attività sottostante, scadenza ed importo, i suoi elementi essenziali, sono predefiniti e non possono essere oggetto di negoziazioni tra le controparti (che possono negoziare solo sul prezzo del future).

I futures prevedono inoltre un meccanismo di regolamento ‘marking to market’, sulla base del quale ogni variazione giornaliera del prezzo viene regolata versando appositi margini sui conti degli operatori di mercato presso la clearing house, in Italia la Cassa di Compensazione e Garanzia.

sabato 20 aprile 2019

Derivati finanziari: i contratti a termine

Un contratto a termine è un accordo tra due controparti per la consegna di una data quantità di un certo sottostante ad un prezzo (prezzo di consegna) e ad una data (data di scadenza o maturity date) prefissati.
Il sottostante può essere rappresentato da attività finanziarie (azioni, obbligazioni, valute, strumenti finanziari derivati, etc.) o reali (petrolio, oro, grano, etc.).

L'acquirente del contratto a termine (la parte che si impegna alla scadenza a corrispondere il prezzo di consegna per ricevere il sottostante) apre una posizione lunga (long position), mentre il venditore (colui che si impegna alla scadenza a consegnare il sottostante per ricevere il prezzo di consegna) apre una posizione corta (short position).

I contratti a termine sono in genere strutturati in modo che, al momento della loro conclusione, le due prestazioni siano equivalenti.
Ciò è possibile fissando il prezzo di consegna, cioè quello stabilito nel contratto, pari al prezzo a termine.
Successivamente, durante la vita del contratto, esso si modificherà in relazione ai movimenti del prezzo corrente che il sottostante assume.

sabato 13 aprile 2019

Derivati finanziari: un po' di storia (parte 2)

Il sistema dei derivati non tardò a diffondersi e, vista la complessità dei suoi connotati essenziali, a prestarsi a diversi eclatanti casi di frodi e abusi: se i fantasiosi meccanismi dei contratti negoziati ad Amsterdam furono oggetto delle velenose ed ironiche denunce del poeta e scrittore (oltre che filosofo, economista e commerciante) Josè Penso de la Vega (1650 - 1692) nel libro ‘Confusion de Confusiones’, scritto durante il suo esilio in Spagna dopo la fuga dalla capitale olandese per le persecuzioni religiose subite dal suo popolo (de la Vega era ebreo portoghese), a Londra nel 1773, a seguito di uno dei tanti scandali finanziari che hanno segnato la storia della capitale britannica, essi furono addirittura vietati (Barnard’s Act). Un divieto che si protrasse fino al 1860 e che anticipava molti contenuti del divieto di contrarre operazioni su derivati previsto per gli Enti locali italiani dall’art. 62 del d.lgs 25 giugno 2008, n. 112.

Ma i derivati erano ormai destinati ad un ruolo sempre più importante nel sistema economico occidentale e, mentre a Londra si era in piena austerity, nel 1821 veniva costituito il Liverpool Cotton Exchange, per i futures sul cotone, mentre nel 1848 veniva costituita la Chicago Board of Trade, uno dei più importanti mercati di contratti derivati (futures) sulle merci agricole (e sul grano in particolare), inizialmente con finalità di hedging e poi (anche) speculativa.
Questi contratti furono standardizzati nel 1865 e nel 1925 veniva creata la prima stanza di compensazione delle operazioni su tali strumenti.
Nascevano così i moderni contratti derivati negoziati su mercati regolamentati.

domenica 7 aprile 2019

Derivati finanziari: un po' di storia (parte 1)

I derivati hanno origini molto remote. 
Formule semplici e spesso rudimentali di questi strumenti erano in uso già in epoca medievale e rinascimentale, anche, e spesso soprattutto, nelle città italiane allora esponenti di punta del commercio, e dell’economia, del vecchio continente europeo, sebbene gli studiosi arrivino ad identificare l’origine di questi contratti in ere davvero remote.

La dottrina statunitense identifica infatti il primo contratto su derivati addirittura nella Bibbia (Genesi, 29), e dunque 1700 anni prima di Cristo.
Secondo questa (forzatissima) ricostruzione Giacobbe avrebbe acquistato l’opzione di sposare l’affascinante Rachele dal padre Labano in cambio di sette anni di lavoro.
Al termine dei sette anni Labano gli diede in moglie la primogenita Lia, dallo sguardo “smorto”, anziché Rachele. Ma Giacobbe era fortemente intenzionato a sposare (anche) Rachele, della quale era perdutamente innamorato, e Labano gli concesse una seconda opzione, cioè il diritto di sposarla in cambio di altri sette anni di lavoro gratuito.