Alla politica monetaria spetta di solito la stabilità dei prezzi, condizione essenziale per ogni altra finalità di politica economica (sviluppo, occupazione e crescita), e per riuscirci le Banche Centrali, cui spetta la politica monetaria (più o meno di concerto con il ministero del Tesoro), possono intervenire su due strumenti cardini dell’economia: i tassi d’interesse e il quantitativo di moneta in circolazione.
Secondo la combinazione degli strumenti in dotazione alle Banche centrali, le politiche monetarie possono distinguersi in espansive e restrittive.
Sono politiche monetarie espansive quelle che attraverso una riduzione dei tassi di interesse e/o un aumento dell’offerta di moneta vogliono stimolare investimenti e produzione.
Rientrano ad esempio tra queste le operazione di quantitative easing (QE) a cui hanno fatto ricorso in questi anni di crisi, e con diverse modalità, la Federal Reserve, la Bank of Japan e la Banca Centrale Europea.
Sono invece restrittive quelle politiche monetarie orientate al contenimento del tasso d’inflazione o del disavanzo pubblico mediante la riduzione della moneta circolante e l’aumento dei tassi di interesse.
Le Banche centrali operano soprattutto attraverso operazioni di mercato aperto, acquistando o vendendo titoli (obbligazioni statali, di norma), in modo da impattare sui tassi d’interesse e sulla base monetaria a brevissimo termine e cercare di orientare il mercato monetario, creditizio e finanziario verso gli obiettivi prefissati anche nel più lungo periodo, ma per far fronte a situazioni di elevato rischio possono ricorrere anche a strumenti “non convenzionali” (come le LTRO, le operazioni di rifinanziamento a lungo termine negoziate dalla BCE con le banche commerciali in due aste aperte a dicembre 2011 e febbraio 2012).
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