Il mercato del credito al consumo, come abbiamo osservato, è profondamente cambiato durante questa lunga crisi dalle cui morse ancora non si è usciti definitivamente.
Le dinamiche analizzate hanno condotto ad una forte contrazione del numero di clienti che ricorrono a finanziamenti di importo medio-alto, il più delle volte sotto forma di prestiti personali, la cui durata si è inoltre notevolmente allungata pur di ridurre il peso dell’indebitamento. Allo stesso tempo, è cresciuta l’incidenza dei debitori, tantissimi i giovani, che hanno ottenuto finanziamenti finalizzati di importo molto contenuto, sotto i mille euro, con scadenza breve e rate di importo molto modesto.
Osservando il numero dei contratti stipulati, nel periodo preso in considerazione esso è diminuito molto più per le società finanziarie (-25%) che per le banche (-11%), mentre un’opposta tendenza si rileva per gli importi medi dei finanziamenti, calati di circa un terzo per le banche e solo del 12% per le società finanziarie.
Le erogazioni di prestiti personali e finalizzati di natura bancaria, in effetti, si sono ridotte ad un ritmo più elevato rispetto a quello delle società finanziarie, la cui quota di erogazioni è aumentata di oltre 2 punti, arrivando al 54% nel 2013. I contratti di importi esigui (inferiori ai 1.000 euro) sono al contempo più che triplicati per le banche, dal 9% del 2007 al 35% del 2013, e aumentati solo del 7% per le società finanziarie. Di conseguenza, per le banche è risultata più marcata la tendenza ad una maggiore diffusione di contratti con rate basse e scadenze a breve. Per entrambe le classi di intermediari, inoltre, il numero di contratti sottoscritti è aumentato solo per i più giovani e, nonostante ciò, nel 2013 per le banche la clientela prevalente era ancora rappresentata da persone con età superiore ai 56 anni (il 30% dei contratti rispetto ad una quota del 18% intestati ai più giovani).
In estrema sintesi, la tipologia contrattuale per importo medio, rata e durata del credito erogato dalle banche è diventata molto più simile a quella delle società finanziarie, caratterizzata proprio dalla prevalenza di prestiti contenuti, con rata bassa e durata breve, grazie anche alla crescente presenza nel segmento bancario di grossi operatori specializzati nel credito al consumo, operanti dunque con modalità più simili alle società finanziarie.
Passando ai tassi di interesse applicati, andamento desumibile tramite le segnalazioni, distinte per forme tecniche del finanziamento e per tipologia di ente che ha erogato il credito, che gli intermediari sono tenuti a fare alla Banca d’Italia al fine del calcolo dei tassi sull’usura, le differenze tra il costo del credito al consumo di società finanziarie e banche, ancora elevate all’inizio del periodo preso in considerazione, si sono molto attenuate durante la recessione.
Per quanto riguarda le operazioni di prestito personale, il differenziale, superiore a 4 punti ai principi del 2007, alla fine del 2013 era diminuito a meno di 2 punti, mentre per i prestiti finalizzati si è addirittura dimezzato, arrivando a 0,7 punti a fine 2013. I tassi bancari, in generale, si sono avvicinati a quelli più elevati applicati dalle società finanziarie e questo allineamento di politica monetaria tra le due categorie di attori è imputabile in parte al forte aumento dei contratti di importo contenuto (inferiore ai 1.000 euro) nel portafoglio delle banche. Il costo del credito tende infatti a lievitare al ridursi dell’importo concesso per la presenza di tutta una serie di costi fissi d’istruttoria (apertura di una pratica e spese amministrative di gestione) che pesano in modo più marcato proprio sui contratti di importo esiguo. Ma ad incidere sul trend rialzista dei tassi applicati dalle banche ha inciso anche l’impennata di contratti stipulati ad un tasso d’interesse fisso (+10% nel periodo preso in considerazione, superando il 50% del totale dei prestiti concessi a fine 2013).
Per quanto riguarda la rischiosità del credito, dal 2007 il reddito disponibile delle famiglie italiane si è ridotto di oltre il 10% in termini reali, con il tasso di disoccupazione raddoppiato oltre il 12%: il peggioramento della qualità del credito alle famiglie che ne è conseguito, per quanto meno eclatante rispetto a quello rilevato per i finanziamenti alle imprese, è stato fin troppo evidente, con l’incidenza delle attività deteriorate sui prestiti totali quasi raddoppiata (dal 5,6 al 10,3% tra il 2008 e il 2013). Una crescita che ha registrato inoltre una brusca accelerata dalla fine del 2011, quando la crisi del debito sovrano, degenerata in rischio default per diversi paesi europei e non, ha prodotto una nuova e drastica caduta dell’attività economica e del reddito delle famiglie. Lo scenario di recessione che ne è scaturito ha coinvolto anche gli indicatori di rischiosità del credito per i finanziamenti per scopi di consumo, pressoché stabili durante la prima fase della crisi: dalla fine del 2011 l’incidenza degli scaduti sui prestiti finalizzati è infatti aumentata di 0,4 punti, toccando quota 1,4% alla fine del 2013, mentre quella degli incagli ha raggiunto il 3% (+1%). Le dinamiche sono simili per le banche, sia per le finanziarie.
Una situazione che, tuttavia, ha fatto segnare un’inversione di tendenza già a fine 2012, soprattutto grazie ad una più attenta valutazione della sostenibilità del debito da parte delle famiglie che ha spinto a quella riduzione delle richieste o dell’importo del finanziamento richiesto e alle politiche di offerta degli intermediari miranti ad indirizzare la clientela verso contratti di importo e rate più bassi che abbiamo delineato e che caratterizzano l’odierna configurazione del mercato del credito al consumo.
Da: Il mondo del credito al consumo: Il mercato del credito e i principali strumenti di finanziamento destinati ai privati consumatori (Conoscere Vol. 4)
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