sabato 26 gennaio 2019

Cosa guardano gli operatori sul Forex

Il Forex è condizionato soprattutto dalle variazioni riguardanti le principali variabili macroeconomiche utilizzate per misurare lo stato di salute economico e finanziario di un Paese, le più importanti delle quali, cioè quelle maggiormente osservate dagli operatori di mercato, sono:

Bilancia dei pagamenti
. Nessun operatore, e tantomeno un analista finanziario, ignora le cifre, su base mensile, trimestrale e annua, riportate dalla bilancia dei pagamenti di un Paese.
Si tratta del documento contabile riportante le transazioni di beni, servizi e strumenti finanziari che uno Stato effettua con gli altri Paesi, il cui segno e i cui volumi sono strettamente correlati ai tassi di cambio delle valute coinvolte.
Le correlazioni tra i tassi di cambio e la bilancia dei pagamenti non sono tuttavia lineari come un ragionamento strettamente contabile (entrate/uscite) potrebbe lasciare intendere: le variazioni import/export vanno infatti interpretate e le stime sono oggetto di continue revisioni.
Un Paese che importa più di quanto esporta registra di fatto un deficit nelle partite correnti della propria bilancia dei pagamenti e, di conseguenza, un fabbisogno finanziario per coprire i propri acquisti all’estero.
Il surplus dei capitali in entrata dovuto all’accumulo di debiti con l’estero e alla vendita di asset domestici, tuttavia, compensa il deficit registrato e, in generale, il fatto che uno Stato sta spendendo più di quanto produce.
Nel breve periodo, quindi, un deficit nelle partite correnti della Bilancia dei pagamenti di un Paese non necessariamente provoca un deprezzamento della sua valuta.
Ma lo stesso Paese non potrà di certo mantenere per un lungo lasso di tempo elevati livelli di deficit, ancor più se passa da una congiuntura economica positiva ad una di segno negativo, caratterizzata da una diminuzione di flussi di capitali in entrata a causa di stime della crescita divenute nel frattempo pessimistiche: in tal caso è logico aspettarsi un calo del prezzo della sua divisa, che potrebbe manifestarsi anche con un certo impeto se questa è divenuta forte proprio durante il precedente ciclo economico positivo.
Situazione diametralmente opposta, di solito, nel caso in cui il Paese registri un lungo periodo di surplus.
Finanze pubbliche
. I conti pubblici dei diversi Stati hanno un notevole impatto sulla determinazione dei prezzi sui mercati valutari.Una situazione caratterizzata da conti in disordine e crescente indebitamento può alimentare aspettative di maggiore inflazione o un aumento della pressione fiscale in un dato Paese: in entrambi i casi, nel caso di una congiuntura economica negativa cresce il rischio Paese e toccherà al tasso di cambio compensare alla mancata crescita dei rendimenti delle attività reali e finanziarie dello Stato, deprezzandosi.C’è però un’incognita ed è rappresentata dai provvedimenti che possono adottare le autorità monetarie (banche centrali) di fronte ad un peggioramento delle finanze pubbliche, come le manovre al rialzo sui tassi di interesse ufficiali a breve e/o a lungo termine.
Differenziale tra tassi d’interesse reali
. L’incremento (o la diminuzione) del differenziale tra i tassi d’interesse reali applicati da due Paesi o due aree valutarie provoca ordinariamente, nel breve periodo, un corrispondente apprezzamento (o deprezzamento) della valuta di uno nei confronti di quella dell’altra. È quanto si è osservato, ad esempio, con l’euro, e in misura molto più marcata, con il dollaro australiano e neozelandese di fronte al deprezzamento generalizzato (aumento della massa monetaria accompagnato da tassi d’interesse prossimi allo zero) del dollaro Usa avvenuto negli primi cinque anni della crisi finanziaria scoppiata nel 2008.
Nel medio-lungo periodo, ancora, il rialzo dei tassi diventa un segnale di un’economia nel suo pieno sviluppo, un indicatore spesso seguito per effettuare investimenti in quel Paese, una scelta che implica un aumento della domanda della sua valuta. 

Allo stesso tempo, tuttavia, un differenziale dei tassi per lungo tempo elevato può incidere anche negativamente sulle aspettative di crescita dello stesso Paese, nonostante gli investimenti iniziali in esso abbiamo garantito rendimenti piuttosto elevati. I tassi alti finiscono, in quest’ultimo caso, per diventare così un freno all’economia, un sintomo di una battuta d’arresto della crescita della sua ricchezza.

Tasso d’inflazione
. Anche il tasso d’inflazione ha delle notevoli ripercussioni sul valore della valuta di un Paese.
Un'inflazione interna in crescita rispetto a quella all’estero può rendere meno competitivi i prodotti e i servizi nell’ottica della loro esportazione. 

Un riequilibrio dell’export potrebbe ottenersi deprezzando la valuta, soprattutto se le esportazioni sono fondamentali per l’economia del Paese che sta registrando una significativa inflazione interna, sebbene il corrispondente aumento di quest’ultima conseguente alla svalutazione della valuta finisce, nel medio-lungo periodo, per abbattere ancor più il potere d’acquisto dei cittadini, soprattutto per quanto riguarda l’impennata dei prezzi delle materie prime e dei beni di prima necessità importati e il loro impatto sui consumi quotidiani.

Crescita e produttività
. Un Paese che produce utilizzando una struttura all’avanguardia ed è capace di crescere e, di conseguenza, remunerare tutti i fattori produttivi impiegati attrae senza dubbio più investimenti di altri con aspettative meno rosee. Ciò si traduce in un apprezzamento della sua valuta, anche in fasi economiche sfavorevoli.
Un buon indice di produttività denota infatti un’ottima tenuta del sistema nel tenere bassi i costi di produzione e contenere le spinte inflazionistiche interne.

Le aspettative di una bassa inflazione stimolano inoltre il risparmio e gli investimenti, consentendo alla banca centrale nazionale di poter ricorrere a politiche monetarie espansive nelle eventuali fasi di congiuntura economica negativa che potrebbero manifestarsi successivamente (iniezioni di liquidità). (continua)


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