sabato 8 ottobre 2016

Notebook: sono i Chromebook i portatili del futuro?



Pochi anni fa la stampa specializzata, i blog più seguiti e i cosiddetti esperti del settore hi-tech e del segmento mobile ci parlavano del fallimento dei Chromebook. Troppo chiusi, limitati alla rete, insoddisfacenti per chi voleva andare oltre la posta elettronica e i social network, molto lontani dalle mitiche finestre con le quali Bill Gates aveva fatto diventare i personal computer un bene fruibile da tutti e quindi decisamente distanti anni luce dalla filosofia Windows. Queste, in sintesi, le motivazioni principali della sentenza decretata dal mondo del web e dell’editoria agli inizi di questo decennio. Tutte condivisibili, magari in misura meno netta e definitiva, ma forse eccessivamente condizionate dal quel bisogno di attirare l’attenzione del lettore con tecniche di titolazione sempre più esasperanti e sentenziando un (presunto) flop di casa Google. Eventualità, quest’ultima, che già di per sé spingerebbe una notizia online fino a farla diventare virale in pochi attimi. 

Oggi le stesse testate specializzate nel settore e non (e tra queste penso a periodici, siti e blog che si occupano di moda, tendenze, social network, prodotti “casual” e media) arrivano a reputare i Chromebook come i portatili del futuro e a parlare di filosofia Chrome come novità assoluta nel panorama dell’informatica su scala mondiale e antagonista di quella “filosofia” Windows che ha rivoluzionato il mondo dell’informatica e le abitudini dei consumatori.
E tutto perchè tra la fine dello scorso anno e i primi mesi di questo i portatili che montano il sistema operativo made in 
Montain View hanno superato nelle vendite quelli di Apple (2 milioni di pezzi contro 1,76 secondo le ricerche di IDC sul primo trimestre 2016). 
Un dato che senza dubbio fa notizia, soprattutto se il settore dove ciò è avvenuto è quello educational, laddove l’azienda fondata da Steve Jobs e Tim Cook è leader incontrastata da decenni, e il paese gli Stati Uniti, che dopo l’esperienza passata con i Sony Vaio, da anni esibisce i prodotti della Mela in ogni film, telefilm, programma TV e nelle uscite pubbliche di politici, scrittori e chiunque abbia un minimo di notorietà, ma che da solo non può di certo rappresentare il trend del mercato globale dei notebook.


Personalmente credo che i Chromebook siano oggi (e lo saranno per un bel po’ di anni a venire) i dispositivi “mobile” più congeniali per chi cerca la sintesi ottimale tra i fattori di successo di notebook e tablet e, quindi, il superamento dei limiti di entrambi in fatto di portabilità piena, il primo, e utilizzo più tradizionale (e partecipativo), il secondo. 
I portatili che montano il sistema di big G sono leggeri, maneggevoli, si avviano in pochissimi secondi, hanno un elevato grado di fruibilità e mettono a disposizione dell’utente fin dal primo avvio le Google App più note (tante utilizzabili anche offline) e le estensioni  agli applicativi più utilizzati del pacchetto Office di Microsoft (e non solo). Per chi vuole andare oltre Google, grazie allo store di Chrome (già predisposto anche per le app Android in attesa si perfezioni l’accordo tra i due produttori) si possono scaricare (gratis e non) app ed estensioni di produttori indipendenti alternative ai software più noti che si utilizzano normalmente con Windows, mentre per chi ama la mobilità, con le funzionalità del sistema può facilmente condividere il pc, utilizzare il cloud e il remote control senza avere alcuna specifica competenza.

Certo, alcuni convertibili 2 in 1 da poco in commercio permettono di cimentarsi anch’essi con molte di queste attività, ma anche i modelli dotati di una tastiera davvero performante e adattabili al meglio ad un utilizzo da notebook non diventano mai dei veri e propri portatili. E quelli che più ci si avvicinano in termini di funzionalità richiedono comunque uno sforzo economico maggiore rispetto ad un Chromebook. Non dimentichiamo infatti che uno dei fattori di successo dei portatili con sistema Chrome OS è proprio il rapporto qualità/prezzo (è facile trovare una carrellata di portatili dotati di sistema operativo Chrome OS con un prezzo compreso tra i 300 e i 400 dollari Usa) e se i convertibili stanno riscuotendo un certo successo, al di là delle dispendiose campagne pubblicitarie messe in piedi dai principali produttori, è anche perché, a mio avviso, ad oggi i Chromebook non sono ancora venduti capillarmente su scala mondiale (l’Italia è uno dei Paesi dove ancora non sono commercializzati). 

Se devo o voglio tuttavia utilizzare degli eseguibili (per lavoro, esigenze varie o solo per abitudini consolidate), giocare a qualche videogame lanciato negli ultimi dieci anni, servirmi dell’intero pacchetto Office o, in generale, fruire delle caratteristiche più tradizionali di un portatile, non posso fare invece a meno di orientare le mie scelte su un notebook con un sistema operativo Windows o Mac. È un passaggio obbligato oggi e lo sarà anche in futuro. 
Non credo infatti (magari mi sbaglierò) che Google arriverà ad allargare il proprio sistema agli eseguibili per competere con i propri partner sullo stesso terreno e sono convinto (auspicandomelo, inoltre) che, nonostante le dinamiche economiche spingano all'estrema standardizzazione per creare margini di guadagno, la tendenza alla differenziazione reggerà ancora a lungo. 



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