mercoledì 20 maggio 2015

Le obbligazioni reverse convertible: un occhio alla cedola e un altro al rischio

Il reverse convertible è un titolo che, come le normali obbligazioni, conferisce all’investitore il diritto di ricevere una cedola periodica come rendimento dello stesso ma il cui valore di rimborso, e ciò le differenzia sia dai titoli obbligazionari base, sia da quelli strutturati, non è certo, variando in relazione al valore della quotazione di un altro titolo.
Proprio perché caratterizzati da questa decisa peculiarità, e dunque da un’elevata rischiosità circa la restituzione del capitale investito, i bond reverse convertible, pur rientrando nel vasto gruppo delle obbligazioni strutturate, sono considerati a parte come strumenti finanziari “atipici”.
Questi contratti sono caratterizzati dalla presenza di un’opzione a favore dell’emittente, il quale, a scadenza, può decidere se rimborsare il prestito in contanti o assegnando un dato quantitativo di azioni proprie fissato all’inizio del prestito. La scelta della modalità di rimborso sarà ovviamente una conseguenza del valore di mercato che le azioni avranno alla scadenza.
A fronte della rischiosità dello strumento, la cedola ricevuta dall’investitore presenta un rendimento superiore ai tassi di mercato di pari durata in quanto questo comprende il prezzo dell’opzione venduta implicitamente dall’investitore all’emittente.

In alcune obbligazioni appartenenti a tale tipologia è presente la clausola di knock-in, che indica una percentuale di svalutazione del prezzo di conversione minima (di solito tra il 15 e il 30%) che deve essere raggiunta affinché l’emittente possa rimborsare il prestito mediante la consegna di azioni. Questo tipo di reverse convertible, dotato di maggiori tutele per l’investitore, è quello più diffuso sul mercato italiano.

Nessun commento:

Posta un commento