mercoledì 25 marzo 2020

Fondo salva-Stati: MES e coronavirus, la soluzione che non accontenta nessuno


Il dibattito sul MES non conosce tregua e, dopo due anni di incontri-scontri in ambito UE, anche il coronavirus diventa motivo di battaglia su questo fondo salva-Stati.
D’altronde potrebbe essere uno degli strumenti da impiegare per fronteggiare l’emergenza sanitaria (e sociale) legata alla diffusione del covid-19, ma per ora, come per gli Eurobond, sembra di assistere soltanto a soluzioni accennate o parziali.

Intanto la vera svolta finora è stata la Bce che, tra questo mese e dicembre, acquisterà un quantitativo addizionale di titoli di Stato pari al 4,5% del Pil.
La Banca centrale europea, come stabilito dal Trattato Ue, non può infatti finanziare direttamente i Paesi membri, ma può acquistare i titoli di Stato sul mercato secondario.
Ciò implica che per poter ottenere il sostegno dei programmi della Bce messi in piedi per fronteggiare la recessione da pandemia covid-19 i singoli Stati devono accedere al mercato emettendo titoli pubblici.
Gli acquisti della Bce stanno consentendo ai Paesi più indebitati di finanziare la loro economia in deficit senza vedere schizzare gli spread, ma occorre ben altro per fronteggiare la situazione attuale e spingere per una ripresa futura.
Nonostante il mancato raggiungimento di un accordo, l’Eurogruppo ha dichiarato “ampio sostegno” ad un programma di aiuti per la crisi da pandemia nell’ambito del MES, facendo riferimento ad una delle due principali linee di credito del Fondo salva-Stati, la Eccl (Enhanced conditions credit line), attivabile a patto che il membro richiedente sottoscriva un memorandum d’intesa impegnandosi ad adottare tutta una serie di misure restrittive per rimettere in riga i propri conti.

Il presidente dell’Eurogruppo Mario Centeno ha utilizzato proprio l’espressione “ampio sostegno”, evidenziando dunque che, come per gli Eurobond e i coronavirus o covid bond, anche su questa strada non c’è l’unanimità tra i ministri delle Finanze, e quindi tra gli Stati, dell’Ue.

D’altra parte l’eterna contrapposizione tra l’asse nord-europeo e l’area mediterranea in fatto di finanziamenti ha assunto toni molto aspri agli inizi della pandemia e sarebbe molto più sensato spingere in via eccezionale per la soluzione che potrebbe mettere tutti d’accordo, la più sensata in situazioni drammatiche come questa in corso: denaro non preso in prestito da rimborsare, ma a fondo perduto.

La più sensata perché non intaccherebbe le risorse dei fondi europei, timore dei Paesi membri più avversi all’utilizzo degli stessi in quanto considerati irrisori (gran parte delle somme dichiarate ancora non sono state del tutto versate), e non esporrebbe ad un attacco speculativo sul debito sovrano quelli più in difficoltà come invece un prestito irrimediabilmente farebbe.

Una soluzione che però sembrerebbe essere stata definitivamente scartata, lasciando ampio spazio a soluzioni che sanciranno un forte legame tra salute pubblica e mercati finanziari.

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