domenica 19 giugno 2016

Il debito pubblico italiano


Argomenti quali mercati finanziari, quotazioni, titoli pubblici di breve (mercato monetario) e medio lungo periodo (obbligazionario) spostano irrimediabilmente l’attenzione sul debito pubblico del Paese emittente, problema di notevole importanza per le casse dello Stato e il futuro dello stesso e dei suoi cittadini.
Un debito sovrano elevato è infatti una tassa sulla crescita, un elemento che, in un contesto economico e sociale straziato da una spirale negativa, condiziona tutti i settori dell’economia e aumenta la probabilità di default dello Stato stesso.
Il debito pubblico italiano ha raggiunto livelli ormai insostenibili da anni, sia in valore assoluto sia espresso in rapporto al PIL, e negli ultimi trenta, complice anche il ricorso continuo a scelte politiche prevalentemente di breve periodo con finalità sfacciatamente elettorali, la sua crescita ha subito addirittura un’ulteriore accelerata.
A fine 2015 il debito italiano è risultato di circa 2.170 miliardi di euro (dati Banca d’Italia), in aumento di quasi 39 miliardi sullo stesso periodo dell’anno precedente, con un picco di 2.212 miliardi registrato a novembre ed una riduzione nell’ultimo mese dell’anno dovuta principalmente al ridimensionamento della liquidità presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze da 74,4 a 35,7 miliardi. Gli interessi pagati sul debito sono stati di circa 80 miliardi (3,8% in media, il dato più basso di sempre), mentre l’avanzo primario è risultato di circa 50, una cifra evidentemente insufficiente anche a coprire i soli interessi.  
Scenario, quest’ultimo, già da solo in grado di evidenziare quanto possa essere praticamente impossibile in futuro generare ricchezza aggiuntiva per abbattere il debito pubblico (che non è altro che l’anticipo di redditi futuri) attraverso la tassazione.
In realtà molti tentativi sono stati messi in campo per frenare, o quantomeno rallentare, la crescita dell’esposizione debitoria italiana, ma tutto è stato vanificato da scelte amministrative particolarmente “bizzarre” se non propriamente clientelari, in passato, e dalla crisi economica che ormai da quasi dieci anni sta deprimendo l’economia nazionale e mondiale tutta, finendo per distogliere, in tanti casi, ancora più l’attenzione delle istituzioni nazionali dall’oggetto sociale che dovrebbe orientare l’attività economia e finanziaria dello Stato, vale a dire il perseguimento del benessere dei propri cittadini.

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