giovedì 3 marzo 2016

L'impresa criminale: un modello di analisi






I proventi illegali delle mafie vengono reinvestiti principalmente in attività immobiliari e titoli mobiliari, la prima forma di riciclaggio di denaro sporco.
Dai dati forniti nello stesso anno dall’Agenzia Nazionale per i Beni Sequestrati e Confiscati, i beni confiscati in via definitiva alle organizzazioni criminali si suddividono in 11.238 i beni immobili e 1.708 aziende, quasi il 30% di queste attive nel settore del commercio (29,4%), il 28,8% in quello dell’edilizia (28,8%) e il 10,5% in quello della ristorazione. Un dato quest’ultimo che non può che aumentare, vista l’impennata del numero di franchising attivi in questo segmento registratasi in questi ultimi anni.
Dei beni confiscati, il 42% è sito in Sicilia, il 15% in Campania, il 14% in Calabria e il 9% in Puglia, mentre del restante 20%, il 9% è in Lombardia e il 5% nel Lazio.
Dai dati pubblicati dal Ministero dell’Interno il patrimonio sottratto sino al 2013 alla criminalità organizzata e a disposizione dello Stato ammonta almeno a 20 miliardi di euro (dato non attualizzato), ma il 90% delle aziende confiscate fallisce per una cronica inadeguatezza della legislazione in materia, che per quanto in continua rivisitazione è ancora incapace di fornire gli strumenti necessari per l’emersione alla legalità e di valorizzarne l’enorme potenzialità economica.
Il problema, però, non riguarda soltanto l’Italia ma concerne l’intero Vecchio Continente, poiché il gap legislativo continentale è ugualmente inadeguato e scarseggia il contributo dei vari Stati membri.
Il risultato di queste lacune è sotto gli occhi di tutti: in Italia spesso i beni confiscati ai mafiosi vengono riconsegnati proprio ad essi tramite dei prestanome, un immobile su tre è di fatto inutilizzabile e solo un’azienda su 30 è attiva sul mercato e ha dei dipendenti che quotidianamente si presentano al lavoro.
I problemi si ripresentano anche per quanto riguarda i crediti incagliati relativi ai beni immobili sequestrati e confiscati alla malavita organizzata.
Quando ad essere colpita è un’azienda media o grande, anche al Centro e al Nord, dove la stretta creditizia è meno opprimente che nel resto del Paese, sorgono delle conseguenze giuridiche rilevanti sui rapporti commerciali, finanziari e di lavoro, coinvolgendo soggetti terzi estranei agli atti criminali che hanno in essere rapporti contrattuali con colui finito sotto inchiesta. Stessa dinamica per le ipoteche accese sugli immobili confiscati e sequestrati, con gli ovvi problemi di tutela dei propri crediti che nascono in capo agli istituti di credito coinvolti.

Bisogna tuttavia sottolineare che l’analisi del crimine organizzato ha fatto grandi passi in avanti grazie soprattutto all’introduzione in Italia del modello economico del crimine di Gary Becker, vera pietra miliare dello studio delle mafie dal punto di vista economico ed econometrico e punto di partenze di ogni modello costruito nel nostro Paese ed adattato alle specificità italiane.
In esso i clan sono visti come imprese criminali, come soggetti cioè che forniscono beni e servizi illeciti ad un pubblico di consumatori/vittime secondo il principio dell’ottimo economico, che agiscono inizialmente sfruttando i vecchi business criminali per poi allargare i loro affari ricorrendo ad alleanze strategiche temporanee mirando comunque a quel monopolio territoriale che costituisce sempre l’obiettivo principale del loro agire.
Introdotto il concetto di impresa criminale, il lavoro prosegue evidenziando l’assetto strategico e il profilo organizzativo/funzionale della stessa, evidenziando il ruolo cardine del riciclaggio e le conseguenze di questo sul sistema sociale ed economico di riferimento.
L’analisi verte poi sulle relazioni “patologiche” che caratterizzano l’ambiente dove la compenetrazione del fenomeno mafioso è più marcata, ricorrendo ai principali modelli econometrici maggiormente utilizzati per evidenziarle, per descrivere infine il contesto territoriale che più di tutti mette a nudo la pericolosità di tali patologie e presente quelle condizioni ambientali necessarie per il proliferare delle cosche criminali, il Mezzogiorno d’Italia.

dalla prefazione de l'economia criminale: la connotazione economica del crimine

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