martedì 12 gennaio 2016

ETS: come funziona il mercato europeo delle emissioni


In attuazione del Protocollo di Kyoto (Conferenza Onu sui cambiamenti climatici del 1997), per ridurre le emissioni di gas a effetto serra nei principali settori industriali l’Unione Europea ha adottato il sistema europeo di scambio di quote di emissioni (ETS), di fatto il principale (se non l’unico) strumento per controllare l’inquinamento da anidride carbonica su base internazionale.
Introdotto dalla Direttiva 2003/87/CE, l’EU ETS (European Union Emissions Trading Scheme) è un sistema “cap&trade”: da un lato, fissa un tetto massimo (“cap”) al totale delle emissioni di CO2 per tutti i soggetti che ne fanno parte e, dall’altro, consente ad essi di acquistare e vendere sul mercato (“trade”) quote di emissione di CO2 all’interno di tale limite.

In questo schema, fissato il limite di gas serra (in tonnellate di anidride carbonica) che ogni impianto delle società soggette al Protocollo di Kyoto è autorizzato ad emettere nell’atmosfera, nel caso in cui un impianto emetta anidride carbonica in quantità inferiore a quella consentita, la società titolare di esso potrà vendere la propria quota di emissione di CO2 non utilizzata ad un’altra titolare di un impianto che non riesce a rispettare la soglia stabilita.
Così la società “virtuosa”, attraverso la cessione delle quote non utilizzate, riesce a monetizzare l’efficientamento energetico raggiunto e, in generale, gli interventi in azienda per ridurre l’inquinamento da CO2, mentre la seconda riesce ad evitare pesanti sanzioni pur violando i massimali consentiti acquistando dall’altra: un sistema di scambio che per l’UE dovrebbe favorire una decisa riduzione di emissioni nell’intera comunità europea (-20% nel 2020 rispetto al 1990).

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