sabato 15 febbraio 2020

Fondo salva-Stati: cosa cambierebbe con la riforma MES


La riforma del Meccanismo Europeo di Stabilità sta andando avanti da un paio di anni e non si è riusciti a chiuderla entro dicembre come da calendario dei lavori.

Già ai principi del 2018 l’Eurogruppo iniziò a proporre di utilizzare il MES, adoperato durante la crisi dei debiti sovrani per calmierare la speculazione sulla Grecia e gli altri membri Ue che all’epoca hanno fatto richiesta di aiuti all’Unione, come fondo europeo unico da impiegare non soltanto nelle emergenze di rischio default ma anche come paracadute finale del fondo di risoluzione unico della banche (RSF), dotandolo così di nuove funzioni e nuovi poteri.
Con questa nuova funzione di backstock esso verrebbe dotato di una linea di credito da 70 miliardi alla quale gli Stati potranno accedere qualora i loro fondi nazionali per le risoluzioni bancarie, costituiti con le risorse delle banche e non con fondi pubblici, non risultino sufficienti a scongiurare una crisi del sistema creditizio e a garantire investitori e risparmiatori.

Un'altra novità riguarda l'introduzione di linee di credito precauzionali (molto più serie di quelle attuali in termini quantitativi) adoperabili nel caso la salute finanziaria di uno Stato membro venga messa a dura prova da uno shock economico ed esso voglia scongiurare il rischio fondato di precipitare nella morsa della speculazione sui mercati finanziari.



Ma l’elemento di novità più importante riguarda il rispetto del Patto di Stabilità: non sarà più necessario firmare un Memorandum come quello che sottoscrisse la Grecia e che stabiliva condizioni molto rigorose a fronte degli aiuti ricevuti, ma sarà sufficiente firmare una lettera d’intenti nella quale si assicurerà il rispetto dello stesso.
Ciò potrebbe rappresentare un problema per i Paesi con un alto livello di indebitamento (e con un’economia che non cresce a ritmo sostenuto), che per accedere ai fondi si ritroveranno a ridurre forzatamente il loro debito.
Al momento questo problema non riguarda l’Italia, in quanto una delle clausole per accedere ai fondi è quella di non avere squilibri macroeconomici eccessivi e il Belapese, con la Grecia e Cipro, è in realtà sotto monitoraggio UE da diverso tempo per essere nella lista dei Paesi che presentano invece tale situazione per il debito che continua ad autoalimentarsi.

Tra le ulteriori novità si segnala, infine, quella più controversa, vale a dire la riforma delle Clausole di Azione Collettiva (Cacs) nei casi di eventuali ristrutturazione del debito sovrano di un Paese membro.
Dal 2022, in poche parole, sarà più facile ottenere il via libera da parte degli azionisti per l’approvazione della ristrutturazione di un debito sovrano, perché, dalle attuali procedure che prevedono una doppia maggioranza, si passerà ad una deliberazione a maggioranza unica.

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