Costanti
riferimenti nella trattazione del mercato dei derivati sono futures ed options.
D’altronde, se derivato si usa ormai per indicare delle formule contrattuali
spesso incomprensibili e confezionate addirittura per lasciare intendere un
tipo (o grado) di rischio del tutto diverso rispetto a quello che il
risparmiatore è propenso a sopportare, gli strumenti principali di questo
mercato, per importanza storica e, soprattutto, per la massa di liquidità
movimentata, sono proprio queste due categorie base.
I futures sono dei contratti a termine con cui le parti si impegnano per la
compravendita di un’attività reale o finanziaria ad una determinata data futura
e ad un prezzo e quantitativo prefissati all’atto della sottoscrizione
dell’accordo.
I commodity futures hanno come
sottostante beni reali, in particolare materie prime e merci di particolare
valore economico e indispensabili per il benessere quotidiano (petrolio e
prodotti derivati, metalli preziosi, cereali, carni, cacao, fibre, legname da costruzione,
metalli industriali, prodotti coloniali e tropicali, etc.).
I financial futures hanno invece
come oggetto la compravendita di titoli a tasso fisso (interest rate future),
indici di Borsa (stock index future), azioni (single stock future), valute
(currency future) e, in generale, un’attività finanziaria o un indice.
A differenza dei contratti a termine “puri”, dei quali assumono le
caratteristiche di base, i futures sono
strumenti finanziari standardizzati: attività sottostante, scadenza ed
importo, i suoi elementi essenziali, sono predefiniti e non possono essere
oggetto di negoziazioni tra le controparti (che possono negoziare solo sul
prezzo del future).
I futures prevedono inoltre un meccanismo di regolamento ‘marking to market’,
sulla base del quale ogni variazione giornaliera del prezzo viene regolata
versando appositi margini sui conti degli operatori di mercato presso la
clearing house, in Italia la Cassa di Compensazione e Garanzia.
Per aprire la propria posizione l’acquirente deve versare un ‘margine iniziale’
pari ad una percentuale del valore complessivo del sottostante.
La somma fa da
garanzia per gli operatori che risultassero inadempienti alla scadenza del
future ed è depositata sul conto dell’investitore presso l’intermediario autorizzato
che a sua volta ha un conto presso la Cassa di Compensazione e Garanzia, che diventa
la controparte di ogni contratto stipulato. In base all’andamento giornaliero
dei prezzi dei futures, l’ente ricalcola il valore dei conti degli intermediari
che, prima dell’inizio delle contrattazioni del giorno successivo, in caso di
variazione sfavorevole della posizione assunta (si è rivalutato il prezzo di un
future venduto o è crollato quello di un contratto acquistato), devono versare
il ‘margine di variazione’ per riportare il conto ai livelli del margine
iniziale; in caso di variazioni favorevoli, viceversa, il margine di variazione
è dovuto dalla Cassa ai propri aderenti.
Un meccanismo che consente alla
clearing house di garantire ai propri membri il buon fine dei contratti
eseguiti sul mercato e a quest’ultimo di disporre della liquidità necessaria
per il suo corretto funzionamento.
I futures sono strumenti ad elevata ‘leva finanziaria’: a fronte di un
investimento iniziale alquanto contenuto il valore del sottostante può essere
molto alto.
L’acquirente e il venditore, a differenza di quanto avviene con le opzioni, si
assumono inoltre l’obbligo, e non soltanto la facoltà, di acquistare o vendere
l’attività sottostante alla scadenza prevista dal contratto.
In realtà quasi mai l’attività sottostante viene scambiata perché il future di
rado viene tenuto fino alla scadenza (circa il 2% del totale), potendosi
chiudere in anticipo sul mercato la posizione detenuta con una di segno opposto
(offsetting).
A rendere possibile ciò il fatto che il trading con i futures, grazie alla
presenza di una clearing house, è un ‘gioco a somma zero’ (principio di non
arbitraggio): per ogni operatore che acquista o vende ci deve essere un
venditore o un acquirente. Se c’è un guadagno, c’è una perdita speculare.
Assumere una posizione long o short implica il versamento di un margine
iniziale e se la posizione rimane aperta per più giorni a fronte delle
variazioni del prezzo del sottostante viene richiesto il versamento di un
margine di variazione (o di mantenimento).
A garantire il buon fine delle operazioni su questi strumenti, la puntuale
gestione dei margini e il controllo del
rischio, come descritto, c’è una cassa di compensazione, che regola tutti gli
scambi sui mercati regolamentati, mentre la presenza di grossi operatori specializzati
in strategie più speculative garantisce grossi flussi di liquidità e agli
operatori che utilizzano i futures per coprire il rischio sull’attività
sottostante (hedgers) maggiori possibilità di trovare controparti disposte ad
assumere sul mercato posizioni opposte alla loro.
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