Negli anni precedenti lo scoppio della crisi che ormai dal 2007 ha drasticamente depresso l’economia mondiale, la diffusione del credito al consumo era notevolmente aumentata nel nostro Paese, fino a rappresentare il 20% circa dei finanziamenti contratti dalle famiglie italiane. E ciò sia per un andamento ciclico favorevole, sia per la percepibile riduzione del tasso d’interesse sulle nuove erogazioni (quasi due punti percentuali dall’inizio del 2003 alla fine del 2005).
Se agli inizi del duemila, infatti, il rapporto tra le consistenze del credito al consumo e i consumi delle famiglie era pari al 7%, 4 punti in meno rispetto alla media dell’eurozona, già nel 2008 l’indicatore era aumentato di quasi 5 punti, raggiungendo i dati rilevati nel resto dei principali paesi europei, dove storicamente il ricorso agli strumenti di credito al consumo da parte delle famiglie era molto più sviluppato che in Italia. Una dinamica confermata dall’indagine (biennale) sui bilanci delle famiglie condotta dalla Banca d’Italia, da cui emerge che il ricorso al credito al consumo in meno di dieci anni era passato dal 9% della seconda metà degli anni ’90 del secolo scorso al 13% rilevato nel 2008.
A fronte di un calo generalizzato registrato nei principali paesi dell’eurozona, tuttavia, il rapporto tra le consistenze del credito al consumo e i consumi delle famiglie italiane, ai massimi nel 2008, è rimasto invece stabile anche durante la crisi, a conferma dell’importante ruolo assunto in poco più di dieci anni dai prestiti nel sostenere i consumi, e nel 2013, anno drastico per l’economia nazionale, ha fatto registrare un +2% rispetto alla media delle principali economie del vecchio continente.
Nei primi due anni della crisi (2008-2010), in effetti, il ricorso al credito al consumo risulta particolarmente elevato tra le famiglie italiane con reddito basso, soprattutto tra quelle che nel 2010 avevano dichiarato redditi insolitamente inferiori rispetto alla media.
Tendenza attenuatasi nel 2012 ed invertitasi poi nell’anno successivo, quando la contrazione della spesa per consumi da parte delle famiglie residenti è risultata superiore a quella del reddito. Dai dati dell’indagine sui bilanci delle famiglie ad opera di Bankitalia, osserviamo infatti che a fine 2012 la percentuale di nuclei che ha fatto ricorso al credito al consumo si è ridotta di circa il 2%, un calo che risulta molto accentuato tra le famiglie giovani (-8%) e tra quelle a basso reddito (-4%).
Se agli inizi del duemila, infatti, il rapporto tra le consistenze del credito al consumo e i consumi delle famiglie era pari al 7%, 4 punti in meno rispetto alla media dell’eurozona, già nel 2008 l’indicatore era aumentato di quasi 5 punti, raggiungendo i dati rilevati nel resto dei principali paesi europei, dove storicamente il ricorso agli strumenti di credito al consumo da parte delle famiglie era molto più sviluppato che in Italia. Una dinamica confermata dall’indagine (biennale) sui bilanci delle famiglie condotta dalla Banca d’Italia, da cui emerge che il ricorso al credito al consumo in meno di dieci anni era passato dal 9% della seconda metà degli anni ’90 del secolo scorso al 13% rilevato nel 2008.
A fronte di un calo generalizzato registrato nei principali paesi dell’eurozona, tuttavia, il rapporto tra le consistenze del credito al consumo e i consumi delle famiglie italiane, ai massimi nel 2008, è rimasto invece stabile anche durante la crisi, a conferma dell’importante ruolo assunto in poco più di dieci anni dai prestiti nel sostenere i consumi, e nel 2013, anno drastico per l’economia nazionale, ha fatto registrare un +2% rispetto alla media delle principali economie del vecchio continente.
Nei primi due anni della crisi (2008-2010), in effetti, il ricorso al credito al consumo risulta particolarmente elevato tra le famiglie italiane con reddito basso, soprattutto tra quelle che nel 2010 avevano dichiarato redditi insolitamente inferiori rispetto alla media.
Tendenza attenuatasi nel 2012 ed invertitasi poi nell’anno successivo, quando la contrazione della spesa per consumi da parte delle famiglie residenti è risultata superiore a quella del reddito. Dai dati dell’indagine sui bilanci delle famiglie ad opera di Bankitalia, osserviamo infatti che a fine 2012 la percentuale di nuclei che ha fatto ricorso al credito al consumo si è ridotta di circa il 2%, un calo che risulta molto accentuato tra le famiglie giovani (-8%) e tra quelle a basso reddito (-4%).
L’indagine sul credito bancario (Bank Lending Survey – BLS) condotta dalla banca centrale italiana evidenzia tuttavia un forte indebolimento della domanda di credito al consumo già agli inizi del 2009, un trend che ha poi raggiunto l’apice nel periodo maggiormente colpito dalla crisi del debito sovrano, vale a dire dalla seconda metà del 2011 all’intero 2012.
Di fronte ad un persistente clima di incertezza e costante contrazione dei redditi delle famiglie italiane (ed europee) che condiziona fortemente la domanda di prestiti, si registra un forte irrigidimento delle condizioni di offerta da parte delle principali banche (credit crunch), attenuatosi, complici i continui interventi del Fondo Monetario Internazionale (e le uscite pubbliche del direttore Christine Lagarde), e della Banca Centrale Europea, finalizzati ad allargare le “maglie” del credito, solo negli anni successivi.
Dall’analisi si evince che dal 2007 al 2013 il numero di richieste annue è diminuito del 19%, fermandosi ad un livello di poco superiore ai 7 milioni.
La contrazione della domanda ha coinvolto tutte le classi di età, ad eccezione degli under 35, per i quali si è visto un incremento del numero di richieste, soprattutto tra il 2010 e il 2012, e sul finire di questo lungo periodo di austerity la composizione percentuale delle domande risultava ripartita equamente per ogni classe di età, una situazione molto diversa da quella rilevata nel 2007, quando la quota di domande in capo alla clientela più anziana ammontava a quasi il doppio di quella della classe più giovane.
Nello stesso periodo la domanda è cresciuta notevolmente per i contratti di importo più contenuto (inferiore ai 1000 euro), lievitata di oltre il 50%: questi tipi di finanziamento sono inoltre diventati la classe più importante, con un peso sul totale delle richieste arrivato a sfiorare il 30% di queste, il doppio rispetto al 2007.
A contribuire al ridimensionamento della domanda di credito al consumo e allo spostamento delle richieste verso contratti di importo molto contenuto, confermano le analisi, soprattutto il crollo delle vendite di autovetture, che ha reso meno necessari prestiti di elevato ammontare, e la tenuta delle spese per elettronica e telefonia, che richiedono importi di gran lunga minori.
Ma la tendenza a contrarre prestiti di piccolo importo si è inoltre ulteriormente accentuata per il perdurare della crisi e la mancata ripartenza dell’economia su scala nazionale e globale: la situazione delle famiglie, specie se monoreddito o/e con capofamiglia giovane, si è ancora più aggravata e la capacità di risparmiare, e dunque disporre di attività finanziarie con cui far fronte alla perdita di potere d’acquisto, è diventata una vera e propria chimera.
Ciò ha spinto molti di questi nuclei ad accentuare la domanda di finanziamenti per scopi di consumo, anche se per importi molto bassi, e la stessa riduzione dell’importo del prestito richiesto può essere stata una prerogativa per ottenere il finanziamento a fronte della crescente selettività che gli intermediari hanno mostrato nei confronti dei residenti. (continua)
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