L’arte non conosce crisi.
Se il modello della grande azienda (assistita) che garantisce la grande occupazione è fallito, gli investimenti nelle attività industriali e commerciali tradizionali non rendono più, per il web si paventa periodicamente lo spettro di una nuova bolla e la produzione di massa è affossata nell’eccesso di offerta, le opere d’arte, beni-rifugio per eccellenza, si rivalutano. E cresce, di conseguenza, la voglia d’arte e d’Italia.
Colpisce, senza sorprendere tuttavia, la forte crescita, tra aste e vendite private, messa a segno dal mercato italiano lo scorso anno, +17%, una delle migliori performance di sempre ha evidenziato Teleborsa, in controtendenza rispetto al trend ribassista rilevato su scala mondiale e al calo messo a segno proprio dal Belpaese nell’anno precedente (di circa 7 punti).
Con un giro d’affari che nel solo 2015 ha toccato quota 637 milioni di dollari (545 l’anno precedente), tra aste e vendite private, il mercato dell’arte italiano si è prepotentemente confermato tra i top ten mondiali, spingendo l’Italia al settimo posto assoluto.
A trainare la crescita delle aste d’arte nostrane soprattutto l’impennata delle vendite di opere d’Arte Moderna (artisti nati tra il 1875 e il 1910), che nel 2015 hanno totalizzato circa 45 milioni di dollari, quasi il doppio del giro prodotto nel 2014 (su scala mondiale l’aumento è stato dell’1%), e l’esplosione del segmento Vecchi Maestri (1240-1820), +93% sul 2014 con oltre 11 milioni di dollari.
In crisi invece i segmenti Dopoguerra e Arte Contemporanea (nati dopo il 1910), che su scala globale rappresentano il principale canale d’affari ma che in Italia è risultato in calo del 14% (67 milioni di dollari).
La crescita del mercato d’arte italiano nel 2015 proviene comunque dalle aste di ogni segmento, da antiquariato, fine art e arti decorative, che hanno fatturato 300 milioni di dollari, a Vecchi Maestri e Arte Moderna e Contemporanea (125 milioni, +6% sul 2014).
Altro valore in crescita è quello riguardante le vendite private e in galleria: le transazioni private lo scorso anno hanno infatti generato circa 335 milioni di dollari, un dato, per quanto meno puntuale di quello delle aste pubbliche, cresciuto di quasi il 20% sul 2014.
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Il mercato d’arte mondiale (65 miliardi) è invece in calo del 7% in termini di fatturato e del 2% per transazioni effettuate dopo una corsa (quasi) senza sosta e il record (quasi 70 miliardi) toccato proprio nell’anno della battuta d’arresto dell’Italia (2014).
L’80% di esso è in mano a USA (43% e con un aumento del 4% sull’anno precedente), UK e Cina, che fanno segnare, rispettivamente, un calo del 9% e del 23%.
L’Europa ha totalizzato un calo del fatturato pari all’8%. Nel Vecchio Continente domina sempre la Francia, con il 6% del mercato, seguita da Svizzera e Germania, entrambe con una quota del 2%.
Nei periodi di crisi i beni rifugio attirano sempre investimenti, non a caso il mercato dell'arte da un po' sta vivendo un bel periodo. L'investimento in opere d'arte però sembra ancora dedicato a un pubblico ristretto di investitori, considerando le cifre considerevoli richieste, la difficoltà di reperire le giuste informazioni e l'illiquidità del mercato sono ancora poche le persone che possono permettersi di fare un simile investimento. Dall'altro lato c'è da dire che negli ultimi tempi anche il mercato dell'arte si sta aprendo a nuove realtà facilitando in qualche modo il processo di investimento rendendolo così accessibile a un maggio numero di persone. Basta pensare alla nascita di piattaforme di trading on line di opere d'arte o ai fondi di investimento che raccolgono soldi tramita il crowdfunding, solo per fare alcuni esempi.
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