È il rischio correlato alla fluttuazione dei prezzi delle
materie prime utilizzate da un'azienda per svolgere la sua attività e può
essere di breve, di medio o di lungo periodo.
Nel primo caso di definisce “rischio transattivo” ed è riferito a un arco temporale tra 1 e 3 mesi (di solito il tempo che intercorre tra il momento in cui sorge l’impegno a incassare o pagare e il momento in cui l’incasso o il pagamento viene effettuato oppure il lasso temporale tra l’ordine sette e la vera e propria consegna) e consiste nel rischio di pagare o ricevere un importo maggiore o minore rispetto al prezzo di mercato a seguito di uno specifico ordine commerciale.
Nel caso di medio periodo (3-18 mesi) si parla di “rischio economico”, espressione con la quale si intende il rischio di subire un aumento dei costi e/o un calo delle vendite a causa di movimenti contrari del prezzo delle materie prime.
In ultimo, si parla di “rischio competitivo” per intendere il rischio di lungo periodo (oltre i 18 mesi) derivante da una variazione significativa e duratura del prezzo delle materie prime.
In tal caso lo scostamento potrebbe recare all’azienda una perdita di competitività in termini assoluti, favorendo i beni succedanei, o generare un aumento dei costi non trasferibili al mercato finale.
Nel primo caso di definisce “rischio transattivo” ed è riferito a un arco temporale tra 1 e 3 mesi (di solito il tempo che intercorre tra il momento in cui sorge l’impegno a incassare o pagare e il momento in cui l’incasso o il pagamento viene effettuato oppure il lasso temporale tra l’ordine sette e la vera e propria consegna) e consiste nel rischio di pagare o ricevere un importo maggiore o minore rispetto al prezzo di mercato a seguito di uno specifico ordine commerciale.
Nel caso di medio periodo (3-18 mesi) si parla di “rischio economico”, espressione con la quale si intende il rischio di subire un aumento dei costi e/o un calo delle vendite a causa di movimenti contrari del prezzo delle materie prime.
In ultimo, si parla di “rischio competitivo” per intendere il rischio di lungo periodo (oltre i 18 mesi) derivante da una variazione significativa e duratura del prezzo delle materie prime.
In tal caso lo scostamento potrebbe recare all’azienda una perdita di competitività in termini assoluti, favorendo i beni succedanei, o generare un aumento dei costi non trasferibili al mercato finale.
I soggetti esposti al rischio commodity si riconducono a tre
categorie:
- produttori, vale a dire agricoltori, allevatori, estrattori
di metalli e materie prime, etc, per i quali una diminuzione del prezzo della commodity
comporta una diminuzione nei ricavi, e in generale un disincentivo a svolgere
la loro attività, mentre un aumento dei prezzi potrebbe invece far aumentare la
redditività aziendale, anche se potrebbe incentivare un aumento della
concorrenza e comunque una riduzione dei margini di guadagno;
- acquirenti, cioè gli utilizzatori di materie prime per la
gestione della loro attività commerciale e produttiva, esposti al rischio transattivo in quanto il rischio
commodity potrebbe verificarsi nel periodo che trascorre tra l'ordine e la consegna
della merce. Una diminuzione dei prezzi potrebbe infatti implicare un aumento
della redditività aziendale, mentre un loro aumento potrebbe comportare un calo
della redditività se l’azienda non riuscisse a trasferire completamente i
maggiori costi;
- esportatori, esposti al rischio politico poiché nel
periodo che intercorre tra il momento dell’acquisto e la consegna della merce
potrebbero subentrare modifiche legislative o regolamentari con conseguente innalzamento
o riduzione dei prezzi della commodity di riferimento.
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